Già negli anni ’60, Ronald Reagan fu uno dei pochi a predire che l’URSS avrebbe vissuto uno scontro tra i politici e i militari, da un lato, e i cittadini-consumarori (frustrati) dall’altro. Oltre a non permettere a Mosca di inseguire un eventuale riarmo americano e occidentale su ampia scala, questo conflitto avrebbe portato al crollo del regime sovietico.
La Storia validerà la tesi di Reagan, il quale riuscì a trascinare nelle secche l’avversario proprio con una politica di massiccio riarmo (che ebbe anche lo scopo di ridare fiducia agli americani ed agli alleati).
Nota: numerosi “addetti ai lavori”, come ad esempio gli analisti dei servizi segreti occidentali, avevano comunque previsto già allora il crollo del blocco orientale entro breve tempo
Debitrice dell’austero pedagogismo marxiano e di realtà come la Scuola di Francoforte, una parte della sinistra ha un’opinione fondamentalmente negativa delle masse, viste appunto come soggetti da emancipare, da elevare (funzione didascalica e “civilizzatrice” che assegna a sé stessa). Ciò a maggior ragione ed ancor di più in Italia, dove la sinistra comunista, post-comunista ed i suoi alleati non sono quasi mai stati premiati dagli elettori a livello nazionale, elemento che ha contribuito ad aumentare il loro distacco e la loro diffidenza dall’ “uomo della strada”, dall’ “everyman”.
Da qui, anche da qui, ha origine lo sdegnato e stizzito rifiuto di abbandonare o sospendere polemiche come quella sul “linguaggio di genere” (tematica che ha comunque una sua dignità e importanza), così da non allontanarsi da un cittadino che, almeno nell’attuale momento storico, le ritiene secondarie o strumentali, e forse non a torto.
Il cittadino, l’ italiano “medio”, è insomma, dalla prospettiva di costoro, un ingenuo ed un rozzo, inconsapevole di quel che dice e dei suoi reali bisogni.
Cosa ben nota, il movimento d’opinione filo-russo utilizza frequentemente il richiamo alle vittorie su Hitler e Napoleone come prova della capacità militare della Russia odierna.
Oltre a risultare omissiva, poiché vengono dimenticate e ignorate le moltissime sconfitte e difficoltà degli eserciti russi nel passato, anche contro avversari modesti (si pensi a Polonia e Finlandia*) e a basarsi su evidenti manomissioni storiche, intenzionali o non volute che siano (1: quella su Napoleone non fu propriamente una vittoria sul campo di battaglia 2: nel 1941-1945 la Russia era parte di uno Stato diverso e molto più vasto e potente, l’URSS, impegnato su un unico fronte a differenza degli avversari e che poté contare sul sostegno decisivo degli alleati occidentali), una simile scelta comunicativa è, soprattutto, irrazionale, dal momento in cui è imperniata sul mito di vicende troppo lontane dalla nostra, svoltesi in epoche troppo diverse dalla nostra.
Quest’ultimo punto rivela tutta la “romantica” e disperata distanza dalla realtà di una parte dei sostenitori del Kremlino e/o dei loro target, legati ad un’idea della Russia superata dai tempi e dagli eventi, ad un cliché di grande o super-potenza che non ha riscontri pratici e fattuali, come dimostrano, tra gli altri, i problemi in Ucraina, gli indicatori economico-sociali del Paese ed i rapporti con Pechino.
Nonostante le sue enormi potenzialità e l’innegabile crescita degli ultimi anni, l’odierna Federazione Russa è infatti una “regional power”, un Paese del Secondo Mondo che basa il proprio prestigio muscolare su un arsenale nucleare che non può usare e le cui reali condizioni destano più di una perplessità. Non capirlo, od ostinarsi a non volerlo capire, porta al disorientamento davanti agli smacchi contro l’esercito di Kyïv, a previsioni “a-là” Orsini destinate con inesorabile puntualità a fallire.
*gli agit-prop filo-russi ricorrono in questo caso alla tecnica (fallacia logica) del “Cherry Picking”
Natalia Ginzburg – Levi era una comunista (parlamentare del PCI), quindi anche per questo, o forse innanzitutto per questo, non apprezzava l’Italia e gli italiani, tracimando in banalizzazioni come quella che molti stanno riciclando sui social nelle ultime ore. Il disappunto verso un popolo che non premiava il suo partito e l’anti-italianismo come rifiuto di qualsiasi afflato identitario in nome di un’interpretazione arbitraria dell’internazionalismo marxiano e per effetto del tabù dell’esperienza fascista.
In data 30 giugno 1987 il Soviet Supremo promulgò la legge sull’ “Impresa di Stato”, tre capitoli, venticinque articoli ed un preambolo contenenti la nuova organizzazione dell’economia sovietica.
Concorrenza, competizione, autodeterminazione, valorizzazione del merito, liquidazione delle impese improduttive e distribuzione dei profitti in base al merito erano i passaggi-chiave della riforma, per mettere l’economia sovietica al passo con i tempi e con l’Occidente e superare quella penuria e quella scarsa qualità dei beni di consumo da sempre tra le grandi debolezze del gigante euro-asiatico.
Si muoveva in questo senso pure il progetto di legge sul “Sistema Cooperativo in URSS”, pubblicato pochi mesi dopo (6 marzo 1988).
Benché vincolata ai pani quinquennali e annuali, al principio del “centralismo democratico” e ai dettami fondativi del Socialismo, la riforma poggiava su ambizioni e obiettivi sotto certi aspetti impensabili anche in taluni paesi occidentali, ieri come oggi.
Al di là del giudizio politico su Donald Trump, bannarlo dai social e cancellarne i post (come l’ultimo dall’account presidenziale, in cui si limitava soltanto a criticare la decisione dei vertici di Twitter nei suoi confronti), appare alquanto discutibile, rischiando di creare un precedente insidioso. Se per anni è stato infatti consentito ai diffusori di fake news di agire pressoché indisturbati ritenendo illiberale una loro censura, e questo sulla base di una speculazione quasi filosofica sul limes tra “realtà” e “verità”, stabilire e definire, tramite un’interpretazione soggettiva (dei vertici di un social network) cosa sia potenzialmente pericoloso per la democrazia, è ancor più temerario e velleitario.
“The Donald” può non piacere, ma la libertà si difende in molti modi. Non solo cacciando i “bufali” dal Campidoglio.
Sembra diffondersi, soprattutto negli ultimi mesi, la convinzione secondo cui l’approccio scientifico più corretto e ragionevole sarebbe quello pessimistico, mentre un approccio ottimistico sarebbe invece indice di superficialità o peggio. Una convinzione che è ad ogni modo priva di ogni ratio e di ogni ancoraggio storico.
Non solo, infatti, la scienza non dovrà essere né pessimista né ottimista ma limitarsi ad osservare i fatti per ciò che sono espellendo ogni criterio emotivo, filosofico e sentimentale, ma se vogliamo l’Illuminismo, il Positivismo e il Razionalismo (fondamentali nella storia della scienza moderna e nella costruzione della sua identità) erano ontologicamente ottimistici, esaltando il primato della ragione e dell’uomo e auspicando e immaginando il loro trionfo (è casomai il Romanticismo ad avere un’anima pessimistica).
Sul fronte opposto sbaglia anche chi accosta un certo pessimismo al millenarismo, dal momento in cui pure il Cristianesimo e le religioni, promettendo la redenzione e un “oltre” dopo la morte, hanno una visione intrinsecamente ottimistica.
Responsabili dell’indebolimento del SSN con anni e anni di tagli, e di non aver saputo ancora implementare le strutture medico-sanitarie o il trasporto pubblico per far fronte all’ “emergenza” Covid, le istituzioni e la politica scelgono di continuare ad usare il cittadino come capro espiatorio per l’aumento dei positivi (in maggioranza asintomatici o con sintomi “lievi”), coadiuvate dal sistema mediatico per affinità ideologiche e/o interesse economico.
Il risultato è un guerra strisciante tra italiani fatta di accuse e recriminazioni reciproche, nonostante gli italiani siano stati e siano tra i popoli più rispettosi delle norme di contenimento e nonostante abbiano subito e accettato il lockdown più rigido di ogni epoca.
Una strategia immorale, che si snoda attraverso la propaganda “agitativa” (studiata per creare e stimolare reazioni forti come la rabbia contro un bersaglio), “sociologica” (studiata per cambiare la mentalità del target), “grassroots” (diretta al “grass”, il “prato”, l’uomo comune) e “treetops” (diretta agli strati più “alti” della popolazione come intellettuali, artisti, scrittori, cineasti, scienziati, cronisti, opinion makers, ecc. “Treetops” sta infatti a indicare i rami più alti dell’albero). In quest’ultimo caso è emblematico l’atteggiamento di Piero Angela, forse inconsapevole testa di ponte che arriva a parlare di “untori” e ad invocare persino l’intervento dei soldati nelle strade come in un paese sudamericano degli anni ’70.
Addditato come strumento di controllo e guadagno dei “poteri forti” , il vaccino anti-Covid sarà, paradossalmente, l’esatto conrtrario.
A trarre beneficio dalla situazione di emergenza che stiamo vivendo sono infatti (tra gli altri) politici, partiti, media e un segmento esteso e influente dell’imprendioria privata, settori riconducibili a quel “sistema” inteso nella sua accezione più comune e che subiranno un danno importantissimo dalla sconfitta del virus. Ad essi andranno aggiunti gli scienziati “televisivi” (volendo usare un cliché informale), ovvero quei tecnici che stanno ottenendo vantaggio dall’esposizione mediatica (anche sui social).
Il proliferare di certe notizie infondate o manipolate che mettono in dubbio l’efficacia di un vaccino, adesso che sembra in dirittura di arrivo, è la prova e la dimostrazione della sua pericolosità, per qualcuno che ha il potere di accedere al grande pubblico.
Le scuole italiane rischiano un collasso dalle proporzioni inedite e inaudite, schiacciate dal groviglio di normative (spesso inutili, dannose, farraginose e contraddittorie) elaborate per far fronte all’emergenza.
Se ciò dovesse accadere, e se i numeri dei decessi dovessero confermarsi bassi, l’impianto teorico e ideologico alla base delle misure restrittive, dentro e fuori gli istituti scolastici, potrebbe subire un colpo decisivo ed un segmento importante del movimento d’opinione a loro sostegno e a sostegno del governo potrebbe cambiare idea. Pensiamo agli insegnanti (tra i grandi elettori del M5S nel 2018) e/o ai familiari dei bambini e dei ragazzi, ovvero le categorie in questo caso più esposte.