Il nodo M5S

destra sinistra grillini

Nato in pieno berlusconismo, anche in risposta alla degenerazione politica e morale di quella fase storica, il M5S è passato da una breve collaborazione con la giunta siciliana di Crocetta (centro-sinistra) all’alleanza in Europa con l’UKIP di Nigel Farage e a quella di governo con la Lega salviniana. Oggi sembra profilarsi all’orizzonte un esecutivo “giallo-rosso”, con i grillini seduti accanto al PD di Zingaretti e gli ex LEU.

 

Se un approccio benevolo al M5S vede in questi cambiamenti la dimostrazione della loro natura liquida e post-ideologica e del loro interesse esclusivo per il rispetto del programma elettorale, una lettura ostile li identifica come un partito cosiddetto “pigliatutto” (Kirchheimer), interessato solo al potere, opaco, incoerente e capace di qualsiasi cosa pur di difendere la “poltrona”.

 

Un nodo gordiano ancora di là dal’essere sciolto, che impedisce a distanza di oltre dieci anni una definizione storico-politica chiara del movimento di Grillo e Casaleggio

 

Pubblicità

No es capitalismo, es estupidez humana

fuego capitalismo

Sta diventando virale sui social l’immagine di una donna, simboleggiante la foresta amazzonica, mentre brucia. Sotto, la scritta: “No es fuego, es capitalismo”. Se è indubbio e innegabile il ruolo del capitalismo più famelico e selvaggio (di cui politici quali Bolsonaro sono tradizionalmente tutori e alleati) nella devastazione del pianeta, messaggi del genere non possono tuttavia che venire rigettati come semplicistici e fuorvianti.

In nome della competizione con l’Occidente, di un’impronta culturale fortemente tecnico-scientifica e della necessità di costruire una società avanzata di tipo industriare che sostituisse quella contadina (“Il comunismo è il potere sovietico più l’elettrificazione di tutto il paese”, diceva Lenin), i paesi socialisti hanno infatti causato alla Terra e all’ambiente danni altrettanto gravi e pesanti. Basti pensare a disastri come quelli di Černobyl’ e del Lago d’Aral, agli esperimenti nucleari di Mosca, Pechino e P’yŏngyang senza controllo e vicino ai centri abitati, all’annientamento di interi villaggi rurali da parte di Ceaușescu e Pol Pot per favorire l’urbanizzazione, all’inquinamento prodotto dalle industrie cinesi, ecc.

Non è, in bona sostanza, il capitalismo ad avvelenare la nostra casa, ma la società umana, almeno la sua parte più egoista e scellerata.

Conte e quel “risveglio” che non può convincere

salvini-conte.jpg

Sebbene il discorso di Conte offra qualche spunto di riflessione utile e condivisibile e qualche richiamo storico-culturale interessante (probabilmente farina del sacco di un buon ghostwriter), non può risultare e non può essere giudicato credibile e genuino.

Per oltre un anno il Presidente del Consiglio ha infatti avvallato, in modo esplicito o implicito, ogni scelta e condotta di Salvini, e criticarlo solo adesso, e dopo essere stato “sfiduciato “ dal leader del Carroccio, risulta tardivo e ipocrita. Come ha fatto notare l’On. Bernini, Conte sembra inoltre parlare più all’alleato (ex alleato) che al Paese, dando l’idea di voler salvare ad ogni costo la propria presidenza.

Quello che per molti è stato un sussulto di dignità ed una prova di stile, è invece la dimostrazione della definitiva “politicizzazione” del professore foggiano, del suo essersi adeguato alle logiche più bizantine ed opache del “palazzo”.

Nota storica: il richiamo a Federico II ha esaltato quella parte di Mezzogiorno che si riconosce in un certo identitarismo, anche anti-nazionale. E’ tuttavia opportuno ricordare che Federico II di Svevia non era un siciliano autoctono ma un Hohenstaufen, originario dell’attuale Germania. Come i grandi nomi della Magna Grecia, stava cioè al nostro Sud come un sudafricano bianco può stare alle popolazioni nere-indigene di quel Paese. Ancora, non governò solo sulla Sicilia ma su quasi tutto il resto d’Italia

La strategia del camaleonte: i neo-populismi da Marine Le Pen a Grillo e Salvini

populismi

Tra le peculiarità dei movimenti e dei partiti neo-populisti troviamo un marcato camaleontismo, favorito anche dalla loro fisionomia liquida e (in alcuni casi) post-ideologica. Facendo una breve ricognizione sulla galassia neo-populista europea, noteremo infatti come il partito lepeniano e il FPÖ austriaco si siano progressivamente allontanati dal negazionismo e dal reducismo (Marine Le Pen è per questo arrivata a cacciare il padre), Syriza ha via via abbandonato la sua connotazione anti-UE, lo Sinn Féin ha messo da parte il secessionismo spostandosi dall’idea di “popolo nazione” a quella di “popolo classe” (Graziano) mentre lo slovacco Smer si è addirittura trasformato da partito neo-populista “inclusivo” ad “esclusivo”.

La migrazione verso destra del M5S (per intercettare il bacino conservatore, maggioritario in Italia) e la trasformazione della Lega da movimento regionalista-secessionista a movimento nazionalista pan-italiano (per sfondare nel resto del Paese) sono quindi spiegabili anche alla luce della sostanza liquida e “sottile” dei neo-populismi; nel caso leghista andrà rilevata pure la debolezza de sentimento separatista “padano”, risultato non di complessi fattori di natura etnica e storica ma di una più effimera e volatile insofferenza alle politiche fiscali e redistributive centrali.

 

Nota:

Secondo la studiosa Jennifer Lees-Marshment, il marketing politico è oggi classificabile in tre dinamiche, differenti e distinte: orientato al prodotto, orientato al programma, orientato al mercato.

Se la prima dinamica si basa sull’offerta-vendita di un’ideologia e la seconda sull’offerta-vendita delle idee e dei programmi del partito-candidato, nella terza il partito-candidato sceglie ed elabora l’ offerta in base agli umori e alle richieste della maggioranza degli elettori.

Più nel dettaglio, la strategia orientata al mercato viene divisa da Sorice in altre 8 fasi: a)indagine di mercato; b)progettazione del prodotto; c)adattamento del prodotto; d)implementazione; e)comunicazione; f)campagna; g)elezioni; h)esito.

Per molti analisti e osservatori, quella orientata al mercato è la strategia-regina dei partiti e dei movimenti populisti*, molto spesso anche a causa della loro natura post-ideologica e liquida. In un momento storico che vede queste forze al centro del dibattito e della vita politica, lo studio di Lees-Marshment risulterà dunque particolarmente utile ed esaustivo

 

*una caratteristica anche del cosiddetto “partito pigliatutto”, espressione coniata dal politologo