Tra le condizioni che favoriscono ed hanno favorito la nascita e la crescita dei populismi e dei neo-populismi troviamo innanzitutto la crisi, concetto a sua volta suddivisibile in tre categorie:
-crisi politica (la perdita di fiducia nelle istituzioni, nei partiti tradizionali e nei tradizionali strumenti della rappresentanza)
-crisi culturale (aumento della xenofobia e della rabbia contro gli immigrati)
Tre varianti che si contaminano tra loro e agiscono generando “insoddisfazione” (come già detto verso i partiti “mainstream” e i consueti sistemi della rappresentanza), “incertezza” (verso il futuro dell’economia) e “insicurezza” (la paura e l’ansia per i crimini degli immigrati).
Una “tempesta perfetta”, come la definisce Graziano, che apre spazi alle forze e ai leader che sono riusciti a segnare la loro “alterità” (vera o presunta) rispetto al “sistema”, rimanendone al di fuori e non compromettendosi con decisioni impopolari. A riguardo sarà interessante osservare quella che si presenta invece come un’autentica anomalia italiana, perché se altrove i politici e i partiti-movimenti populisti e neo-populisti erano quasi sempre stati lontano dalle “stanze dei bottoni”, potendo quindi ostentare una loro “verginità” morale, da noi Berlusconi per 20 anni e oggi la Lega (l’unico partito della Prima Repubblica presente in parlamento) sono riusciti e riescono ad accreditarsi come anti-sistemici pur essendo stati essendo loro stessi il “sistema”. Paradossalmente sono le minoranze, le forze di opposizione e di centro-sinistra, che vengono associate ai “poteri forti” e incolpate di scelte oggi giudicate ingiuste e fallimentari (ad esempio la guerra alla Libia e all’Iraq) volute da governi di centro-destra in accordo con gli alleati atlantici
Ben prima di Berlusconi, di Salvini, di Meloni o dello stesso Renzi (leader con forti tratti populistici), il cinquantennio della Prima Repubblica, con la sua radicale e insuperabile polarizzazione tra un partito marxista e filo-sovietico (almeno a livello teorico) e un partito cattolico, assistenzialista e fortemente anti-comunista, dimostra e spiega ad ogni modo come tale anomalia non sia il risultato di eventi eccezionali quali la Grande Recessione del 2007-2013 o gli esodi migratori, ma di qualcosa di ben più radicato e profondo nella società e nelle cultura italiane. Questo renderà molto più difficile se non impossibile il superamento dei populismi e dei neo-populismi in Italia, quantomeno nel breve periodo.
*casi analoghi sono l’Ungheria e la Polonia, paesi governati da forze populiste esclusive. Si tratta ad ogni modo di realtà uscite da poco da una dittatura comunista, il ché non le rende modelli compatibili con quello italiano
(contributi utili a riguardo sono quelli di Lacau, Caiani e Graziano)