Perché Giuseppe starà sereno

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Nel momento in cui l’alleanza giallo-verde è venuta meno, a Renzi s è presentata un’occasione ideale per inserirsi in un nuovo governo con un ruolo di primo piano. Da qui, la scelta di appoggiare il Conte II e poi quella della rottura con il PD.

Se si limiterà a godere della quota di “royalties” che spetta a lui e Italia Viva, mantenendo un basso profilo ed un comportamento istituzionalmente corretto, potrà tentare di ricostruire (per quanto possibile) la propria immagine e lo stesso esecutivo ne guadagnerà, vedendo controbilanciata la componente di sinistra.

Se invece tenterà il ricatto, saboterà il governo e replicherà lo stile guascone e arrivista che lo ha contraddistinto nel passato, allora andrà incontro ad una catastrofe politica e allo sfaldamento della stessa IV. La sua situazione non è infatti più quella del 2014 e in aggiunta si troverebbe esposto al fuoco di fila di Bruxelles, Francoforte e dei nostri partner internazionali, per i quali il Conte bis è di vitale importanza come diga a Salvini ed al neo-populismo italiano.

La forza competitiva di Renzi si è esaurita e gli unici a non voler arrendersi all’evidenza sono lui e i suoi, inebriati e tratti in inganno dalla comunicazione dell’ex “enfant prodige” di Rignano. Lo “stai sereno” non è più possibile. Né oggi né domani.

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Matteo Renzi, il compromesso storico fallito e l’anomalia italiana

renzi2Da sempre minoranza all’interno del PD e trattatati come tali, i centristi hanno iniziato a pretendere il loro posto al sole dopo l’arrivo e l’ascesa di Matteo Renzi. Questo ha determinato la condanna dalla componente di sinistra, abituata a considerare il partito come una derivazione del PCI-PDS-DS e gli ex DC-PPI-Margherita solo come portatori d’acqua, buoni per le urne. Lo scisma renziano potrebbe dunque pacificare il PD (almeno in parte) e attirare i voti della “sinistra-sinistra”, ma il rischio concreto è quello di trasformarlo in una sorta di LEU allargata o di quercia 2.0, mandando a monte i progetti riformisti dell’ultima decade.

 

Dall’altro lato Renzi sa di non poter più ambire ad un ruolo guida tra i democratici e allora prova a mettersi a capo del popolo moderato e liberale, contando anche sul declino di FI. Impresa difficile e già tentata senza fortuna da Monti, Fini, Dini e Segni (e prima di loro da Benedetto Croce) e complicata anche dal fatto che la popolarità dell’ex “enfant prodige” di Rigano non è più quella di cinque anni fa e dal suo passato alla guida del centro-sinistra di governo. Pur con le ovvie e dovute differenze del caso, Renzi potrebbe seguire lo stesso destino del già citato Gianfranco Fini, che perse ogni credibilità quando cercò di riciclarsi fuori tempo massimo.

 

Il Matteo toscano è probabilmente finito come leader in grado di competere, ma il non voler rendersene conto non è imputabile soltanto ad un Ego ipertrofico ma anche ad un sistema che permette la sopravvivenza a politici che hanno subito sconfitte, presentato dimissioni e giurato di abbandonare la scena. In qualsiasi altro grande paese occidentale, lui, come del resto un Salvini, un Berlusconi o un D’Alema, sarebbero ormai fuori dai giochi, impegnati in conferenze o attività culturali o di consulenza.

 

Forse c’era, la “casa nuova” di cui Renzi parla oggi, ma lui non sapeva più cosa farsene.

Il camaleonte schizzinoso: il paradosso grillino

di maio conte

Secondo il M5S, rapidi e radicali cambi di fronte come quello di agosto/settembre sarebbero l’ovvia conseguenza della loro natura liquida e post-ideologica, che individua nel bene del Paese e nell’espletamento del programma elettorale i fini unici e soli del movimento.

 

Una versione accettabile e razionale, che tuttavia si scontra con quell’elitarismo ostile mostrato verso tutti, almeno fino al giugno 2018. Un paradosso che li fa apparire incoerenti e opportunisti, determinato dal bisogno di esibire un’ “alterità” che vuol essere la base di molte forze come la loro (benché sempre illusoria ed utopistica).

 

Il ripensamento di questa filosofia della diversità, almeno quando declinata nel disprezzo morale e umano degli altri, gioverebbe non solo al M5S ma anche alla politica italiana, nel suo insieme.