ProvviRenzi

Secondo la dottrina cristiana, la Divina Provvidenza si esprime e manifesta per mezzo di un’intersezione apparentemente causale e contorta di eventi che, però, ha una progettualità ben precisa e definita leggibile soltanto attraverso gli occhi, bendati, della fede. Riducendo il concetto all’ambito più squisitamente immanente e secolarizzato della politica, il “knock down” subito dal centro-sinistra potrebbe trasformarsi, paradossalmente, nell’occasione irripetibile per parcheggiare “in omne tempus” (rendendolo inoffensivo) Silvio Berlusconi. Il pareggio, con il conseguente fallimento del progetto bersaniano, consegnerà infatti la leadership del cartello politico-elettorale liberal a Matteo Renzi, il quale è senza tema di smentita, al pari e in sinergia con Grillo, l’unico in grado di raschiare il principale serbatoio di voti del Cavaliere, drenandogli i consensi di quell’uomo qualunque da sempre sensibile ai richiami del populismo-qualunquismo-liquidismo.
Renzi
Il borgomastro fiorentino è abilissimo populista nell’accezione storico-politica del termine, e lo è quanto e forse più del leader pidiellino e del comico genovese; la rottamazione, le campagne contro la “casta”, l’esperienza, trionfale, da sindaco e presidente di provincia, il giovanilismo fatto di maniche tirate su e di “X” al posto dei “per” nelle insegne dei suoi comitati (un orgasmo per chiunque sia dentro la comunicazione e il giornalismo) confezionano il ritratto ideale di un capo forte, giovane, capace, nuovo. L’apparato gli rimprovera quisquilie salottiane come il non aver conferito la cittadinanza onoraria a Beppino Englaro o l’aver sfrattato gli immigrati in protesta contro la “sanatoria truffa” o ancora aver appoggiato politiche di tipo liberistico, senza però capire, di nuovo, di nuovo e di nuovo, che all’uomo della strada, a quel segmento che sposta l’ago elettorale dal 1946 e forse da prima, tutto questo non importa. Anzi.
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Anoressia Vs Obesità

Molte energie sono state spese per far conoscere e comprendere il dramma dell’anoressia in tutte le sue più oscure declinazioni, mentre l’obesità è ancora, purtroppo, incorniciata da un’ironia becera e fuorviante. obesi sul molo

Se a nessuno verrebbe infatti mai in mente di canzonare una ragazza o un ragazzo ridotti alla consunzione più scioccante, così non è per l’obeso, oggetto, anche qui rete, del bullismo più rozzo, crudele e soprattutto pericoloso. Troppo spesso si ignora che a origine di un peso corporeo abnorme possano covare fattori endocrini e psicologici, spasmi esistenziali che conducono all’odio verso se stessi e all’autodistruzione, esattamente come nel caso dell’anoressia.

“Che ci importa dello spread?”

Disse il nostro ex Presidente del Consiglio ai microfoni di “Unomattina”. Negli anni ’50 del secolo XXesimo, l’Argentina di Peron si trovò alle prese con una ponderosa svalutazione della propria moneta nazionale, il Pesos, nei confronti del Dollaro americano. Tale situazione produsse gravissime ripercussioni sul commercio estero e sulla produzione interna del Paese sudamericano, ma Peron, arringando il popolo durante un comizio, coniò un formidabile: “voi quando andate al mercato comprate con i pesos o con i dollari? E allora, che vi importa del dollaro?” e la folla, eccitata nel suo ingenuo orgoglio patrio, sommerse il dittatore con un’ovazione scrosciante lasciandosi alle spalle ogni interrogativo. Sappiamo tutti che cosa accade nei decenni successivi: l’Argentina, che fino agli anni ’40 vantava un PIL superiore a quello inglese, scivolò sempre più tra le spire di in una crisi economico-politica dalla quale non è ancora riuscita a riprendersi e che, forse, non avrà mai soluzione. Non è diverso il populismo berlusconiano rispetto a quello peronista, né è meno pericoloso; quando il Cavaliere e i suoi intervengono demagogicamente sulla moneta unica, sulla UE, su Maastricht (i cui parametri sono de facto “scaduti” da oltre dieci anni) o sul problema spread, lo fanno con l’intento preciso e capzioso di arrivare allo stomaco dell’uomo della strada, di quello che la sociologia politica definisce con il termine “grass”, il “prato”, e questo mediante la semplificazione, altro (rovinoso) strumento della propaganda classica. Perché perdersi ed affaticarsi in articolate analisi di tipo economico-finanziario, quando è sufficiente fare un passo verso il basso per guadagnare oceani di consensi ed approvazioni? “Che ci importa dello spread?” E’ diversa, questa formula, da quella, sciagurata, lanciata da Peron in quel comizio lontano? O dalla retorica pecoreccia, antisociale, razzista e sessista dei redneck, degli white trash e dei loro guru Michael Reagan, Gordon Liddy , Rush Limbaugh, ecc, nel profondo Sud dixie dove un “support our troups” basta per far dimenticare lo sfruttamento del dipendente e dell’ecosistema da parte delle grandi corporations? Non credo..

Fu vera (contro)informazione?

Tra i tanti miti sull’informazione, spopola e prospera quello che vorrebbe la (contro)informazione e le sue varianti come oasi di onestà deontologica, libero scambio di idee e proposte e volano per l’estro speculativo più genuino. Nulla di più falso e ingannevole. Sarà infatti sufficiente assumere a paradigma alcune delle bufale cui i social network stanno facendo da cassa di risonanza negli ultimi anni, per rendersene conto. Prendiamo la panzana della Grecia in balìa di scontri e violenze e con i supermercati assaltati; in questo caso, la controinformazione fa ricorso ad alcuni degli strumenti tipici dell’informazione “ufficiale”, generalmente bollata e snobbata come asservita. Eccone alcuni: propaganda di tipo “grigio”. Si parte da una verità di fondo (la crisi economica greca e gli scontri del 2010) per ricamare una facile trama ad uso e consumo delle menti più pigre e suggestionabili. Il motivo? Creare un grimaldello per scardinare la credibilità dell’UE e di Paesi come la Germania, la Francia, l’Inghilterra e l’Italia. Ecco allora che si passa alla fruizione del “capro espiatorio” (le grandi potenze e l’eurozona), del “senso comune” (linguaggio familiare per esprimere concetti familiari, in modo da far credere allo spettatore-lettore che le posizioni del propagandista siano le stesse dell’uomo comune e del comune sentire), e dell’enfatizzazione della paura (precipitare nell’anarchia e nella violenza a causa dei sopracitati capri espiatori). Come si può facilmente osservare, i virtuosi dell’informazione “libera” non sono differenti, nella sostanza e nella morale, dalle agenzie di comunicazione assunte dalla NATO durante le operazioni di guerra o dagli “embedded”, i cronisti “incastonati”, inquadrati nei conflitti per dire quello che l’occidente e le multinazionali petrolifere di turno desiderano.

Ingovernabilità e uomo qualunque

Pur trovandoci impantanati nelle atroci spire dell’ingovernabilità, c’è una nota positiva non di poco conto, un vento di cambiamento verso il quale dobbiamo guardare con occhio benevolo e in modo ottimistico; l’uomo qualunque, per la prima volta in 20+50 anni, ha deciso di portare il suo voto altrove, ed è un segnale che potrebbe rappresentare l’atomo e il detonatore del rinnovamento civile.

Non scordiamo, inoltre, che rispetto al 2008 il PdL ha perduto qualcosa come 6 milioni di voti. Tanto decantato, ma non dalla matematica.

Pregiudizi

Troppo spesso tendiamo ad attribuire al pregiudizio una dignità didascalica e una valenza paradigmatica che in realtà è ben lungi dal possedere. Il pregiudizio non fotografa, nasconde; non spiega, semplifica. Personalmente, non mi sento in imbarazzo per chi ne è vittima, bensì per chi ne è portatore e diffusore.

Ancien Règime e populismo

Caratteristica peculiare di ogni “Ancien Régime”, nelle dittature come nelle società “aperte”, è il ricorso a termini e concetti come “populismo”, “qualunquismo” e “demagogia” per spezzare la schiena a quelle istanze di cambiamento e rigenerazione sociale in grado di mettere in pericolo la solidità castista dello status quo.