La comunicazione responsabile: Violenza e violenze

Lasciare un partner violento (e ricordiamo che esistono molte e differenti tipologie di violenza) non è facile come qualcuno crede, anche perché spesso la vittima viene sottoposta ad un vero e proprio processo di “manipolazione”. Per questo è necessario saper cogliere i segnali di allarme, se e quando si è ancora in tempo, e allontanarsene.

Un’altra riflessione merita il drammatico e odioso fenomeno dello stalking, che la giurisprudenza e le forze dell’ordine non riescono spesso a contrastare con efficacia, non solo in Italia. Qui la politica dovrebbe intervenire con maggior decisione, colmando un vuoto di fatto (magari stabilendo una soglia oltre la quale far scattare una lunga pena detentiva, così proteggere e tutelare la vittima). A tal proposito, il mio pensiero va alla mia ex baby sitter Ester Pasqualoni, oncologa e madre di due bambini sgozzata nel parcheggio dell’ospedale dal suo stalker dopo anni di persecuzioni (stalker che aveva contribuito a causare un malore fatale al compagno di Ester). Era impossibile salvarla? Io non credo.

https://www.corriere.it/cronache/17_giugno_23/killer-dottoressa-suicida-la-fuga-pedinava-ester-4-anni-a76622d0-57eb-11e7-abb9-de301c7bc284.shtml

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Appunti di storia : La “profezia” di Reagan

Già negli anni ’60, Ronald Reagan fu uno dei pochi a predire che l’URSS avrebbe vissuto uno scontro tra i politici e i militari, da un lato, e i cittadini-consumarori (frustrati) dall’altro. Oltre a non permettere a Mosca di inseguire un eventuale riarmo americano e occidentale su ampia scala, questo conflitto avrebbe portato al crollo del regime sovietico.

La Storia validerà la tesi di Reagan, il quale riuscì a trascinare nelle secche l’avversario proprio con una politica di massiccio riarmo (che ebbe anche lo scopo di ridare fiducia agli americani ed agli alleati).

Nota: numerosi “addetti ai lavori”, come ad esempio gli analisti dei servizi segreti occidentali, avevano comunque previsto già allora il crollo del blocco orientale entro breve tempo

Appunti di comunicazione : L’ esperto inconsapevole

Secondo alcune teorie, le donne possiederebbero una maggiore capacità di comprensione del linguaggio non-verbale. Essendosi dovute occupare nel passato quasi sempre da sole dei figli piccoli, avrebbero infatti imparato a riconoscerne meglio i bisogni espressi con i gesti. Relegate per lungo tempo a ruoli subalterni, sarebbero state comunque costrette obtorto collo a codificare e utilizzare più degli uomini i segnali non-verbali. Tutto ciò le avrebbe rese anche più sensibili.

Occorre ad ogni modo precisare come questa dote sia innata, indipendentemente dal genere di appartenenza, ma che venga perduta o ridimensionata nel corso della vita, sia a causa della preponderanza del linguaggio logico (parlato) sia perché le nostre società inducono spesso l’individuo a nascondere le emozioni, se non a ritenerle qualcosa di sbagliato o sconveniente.

La comunicazione analogica (non-verbale), quella prossemica, cinesica e digitale*, non mente, quindi, ma è di norma strettamente legata alle emozioni e di esse è espressione e in ultima analisi chiave di lettura.

*la prossemica riguarda il nostro rapporto con lo spazio, la cinesica riguarda i gesti che compiamo quando parliamo mentre la digitale studia il contatto fisico

La comunicazione responsabile : Napul’ è…una città con i suoi pregi e i suoi difetti

Voler raccontare Napoli come qualcosa di unico e speciale in senso positivo, sempre e a prescindere, significa fare il male di Napoli, soprattutto quando si vanno contestualmente a sminuire altre realtà nazionali.

Un comportamento che può essere motivato dal desiderio di accattivarsi la simpatia e i favori di una comunità e di un movimento d’opinione molto influenti ed agguerriti o dal timore di inimicarseli, da conformismo, dal politicamente corretto (non va dimenticato come razzismo e pregiudizio siano mali che affliggono anche l’ambiente partenopeo) o da altre suggestioni, ma che va ad alimentare e legittimare una certa cultura vittimistica, auto-consolatoria, negazionistica, provinciale e sciovinista che impedisce la soluzione dei problemi del capoluogo campano, oltre a non avere alcun ancoraggio alla realtà a meno che non si intenda procedere a pericolose classificazioni tra esseri umani su base “etnica” e territoriale.

Si goda, se lo si vuole, del successo degli uomini di mister Spalletti, ma senza tracimare in estremismi bocciati tanto dalla Storia quanto dal buonsenso.

Nota: una considerazione che vale quando si parla di Napoli come del resto del Mezzogiorno

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 2 persone, persone che giocano a football, persone che giocano a calcio, stadio e testo

Nota: la provocazione potrebbe essere di per sé intelligente (polemizzare contro chi marginalizza o avversa Napoli) ma lo scudetto rovesciato e la dicitura “bottino di guerra” cambiano il quadro d’insieme

Appunti di comunicazione : La sinistra, il linguaggio di genere e il cittadino “idiota”

Debitrice dell’austero pedagogismo marxiano e di realtà come la Scuola di Francoforte, una parte della sinistra ha un’opinione fondamentalmente negativa delle masse, viste appunto come soggetti da emancipare, da elevare (funzione didascalica e “civilizzatrice” che assegna a sé stessa). Ciò a maggior ragione ed ancor di più in Italia, dove la sinistra comunista, post-comunista ed i suoi alleati non sono quasi mai stati premiati dagli elettori a livello nazionale, elemento che ha contribuito ad aumentare il loro distacco e la loro diffidenza dall’ “uomo della strada”, dall’ “everyman”.

Da qui, anche da qui, ha origine lo sdegnato e stizzito rifiuto di abbandonare o sospendere polemiche come quella sul “linguaggio di genere” (tematica che ha comunque una sua dignità e importanza), così da non allontanarsi da un cittadino che, almeno nell’attuale momento storico, le ritiene secondarie o strumentali, e forse non a torto.

Il cittadino, l’ italiano “medio”, è insomma, dalla prospettiva di costoro, un ingenuo ed un rozzo, inconsapevole di quel che dice e dei suoi reali bisogni.

Salvate il postatore Donald

Al di là del giudizio politico su Donald Trump, bannarlo dai social e cancellarne i post (come l’ultimo dall’account presidenziale, in cui si limitava soltanto a criticare la decisione dei vertici di Twitter nei suoi confronti), appare alquanto discutibile, rischiando di creare un precedente insidioso.
Se per anni è stato infatti consentito ai diffusori di fake news di agire pressoché indisturbati ritenendo illiberale una loro censura, e questo sulla base di una speculazione quasi filosofica sul limes tra “realtà” e “verità”, stabilire e definire, tramite un’interpretazione soggettiva (dei vertici di un social network) cosa sia potenzialmente pericoloso per la democrazia, è ancor più temerario e velleitario.


“The Donald” può non piacere, ma la libertà si difende in molti modi. Non solo cacciando i “bufali” dal Campidoglio.

Corna e Covid: quei “segnali” di cui dobbiamo far tesoro

Benché i movimenti protagonisti dei fatti di Washington siano in parte riconducibli a peculiarità del tutto americane e statunitensi e benché la loro azione non abbia avuto conseguene politiche destabilizzanti, la violazione del Campidoglio è e resta un evento di enorme portata simbolica e immaginifica, impensabile fino a quando non si è verificato. A posteriori andrà quindi letto anche come un “monito”, ai governi occidentali (e non solo), in epoca di Covid (e non solo); proseguire in una condotta, sotto il profilo gestionale, politico e comunicativo, che esaspera una situazione già di per sé tesissima e complessa, può portare a risultati imprevisti e potenzialmente deflagranti e ingestibili, persino in contesti moderni ed evoluti. Tra i “bufali” di Trump non c’erano infatti solo suprematisti bianchi o nostalgici della Mason-Dixon Line ma pure gruppi critici verso l’approccio alla crisi sanitaria, forti di una base di consenso significativa.

Ritrovarsi con i proverbiali forconi in parlamento non è, insomma, solo un’iperbole. Oggi è andata “bene”, ma domani?

RISPOSTA AD ENRICO BUCCI – F come “far finta”. Far finta di non capire.

Quello che il biologo Bucci, e molti altri, non comprendono o forse non vogliono comprendere, è che non si chiede agli scienziati, ai divulgatori, ai politici e ai giornalisti di essere “ottimisti” sull’emergenza Covid (la scienza non dovrà essere né ottimista né pessimista) e tantomeno di dire bugie rassicuranti, ma solo di evitare una comunicazione inutilmente martellante, ansiogena, allarmistica, schizofrenica e fuorviante, basata su supposizioni prive di ratio e concretezza se non proprio su “fake news” o esagerazioni (si pensi ad un noto entomologo padovano che in estate aveva parlato di intensive piene nel suo ospedale quando invece non era affatto così).
 
Una comunicazione dannosa, da un punto di vista psico-fisico, per il cittadino, ma anche per le stesse istituzioni politiche e sanitarie, che oggi si trovano a dover fronteggiare nei pronto soccorso e negli ambulatori orde di cittadini spaventati da una linea di febbre o da un colpo di tosse. Non a caso, e questo lo insegna ogni studio o manuale sulla gestione delle emergenze, il panico è proprio una delle prime cose da evitare e contenere in uno scenario critico.
 
Una comunicazione che, dicevamo, è l’esatto opposto di quel rigorismo scientifico, di quella verità e di quella serietà deontologica di cui parla (giustamente) Bucci e di cui l’immagine del muro usata da lui stesso nell’articolo è l’emblema, evocando un “frame” catastrofico, terrorizzante, definitivo.
 
Forse, anzi, sicuramente, chi si occupa di scienza ed è pubblicamente esposto dovrebbe pesare di più e meglio le parole e le uscite mediatiche, facendosi coadiuvare da esperti della comunicazione e del linguaggio. Questo nell’interese di tutti, loro come della comunità nel suo insieme. In gioco non c’è solo il nostro presente, ma anche il nostro futuro.
 
Nota storica:
La scienza non dovrà essere né pessimista né ottimista ma limitarsi ad osservare i fatti per ciò che sono espellendo ogni criterio emotivo e sentimentale, tuttavia l’Illuminismo, il Positivismo e il Razionalismo (fondamentali nella storia della scienza moderna e nella costruzione della sua identità) erano ontologicamente ottimistici, esaltando il primato della ragione e dell’uomo e auspicando e immaginando il loro trionfo (è casomai il Romanticismo ad avere un’anima pessimistica).
 
 
Il pezzo di Buccihttps://www.ilfoglio.it/scienza/2020/11/06/news/dire-la-verita-sul-virus…

Ilaria Capua, il vaccino e quel linguaggio (ancora una volta) sbagliato

Ilaria Capua è una comunicatrice che lascia molto a desiderare, volendo usare un’espressione il più possibile eufemistica e gentile, e non solo per le troppe previsioni temerarie fatte e poi rivelatesi sbagliate, in un senso o nell’altro.

Intervistata ieri sul vaccino anti-Covid, ha ad esempio detto che sarà risolutivo solo dal prossimo anno, benché all’inizo del suo intervento avesse dato l’idea di pensare il contrario. Fin qui nulla di eclatante (per così dire) se non fosse per le parole usate: “Il vaccino non sarà la soluzione, bisogna toglierselo dalla testa”.

Una serie di termini, di “frame”, trancianti, definitivi, radicali, allarmistici, quasi millenaristici (“toglierselo dalla testa”). Non a caso hanno offerto il destro alla stampa italiana, che nei titoli si è concentrata solo su quello fornendo così una ricostruzione fuorviante dell’intervista. E questo è stato il secondo errore, la seconda “ingenuità”, della professoressa, la quale dovrebbe conoscere certe dinamiche del giornalismo, essendo un personaggio pubblico, un’autrice e avendo fatto politica ad alti livelli.

“Ma lo fanno anche altri”; Lo sbaglio di non comprendere l’ “eccezionalità” italiana

Il governo Conte non è il solo ad aver predisposto misure eccezionali per il contenimento del virus ma il nostro Paese stato il primo ad adottarle (in Occidente), ha subito il lockdown più rigido della storia recente ed è sottoposto ad un martellamento mediatico continuo ad opera di giornalisti, opinionisti, politici, blogger, medici e divulgatori, basato su notizie troppe volte allarmistiche, ansiogene, false o manipolate.

Questa è l’eccezionalità italiana, per questo la soglia di sopportazione dell’italiano è forse minore rispetto a quella di altre comunità e per questo si dimostra miope chi dice che, in fondo, sbagliamo a lamentarci, perché le limitazioni vengono decise in molti altri paesi.

L’errore di imporre e una quarantena tanto severa, lunga e sfibrante (sconsigliata a suo tempo dal CTS e dall’OMS) è stato anche questo, perché oggi e in futuro ogni ulteriore disposizione ani-Covid, pure quando utile e magari necessaria, è sarà tollerata e capita sempre meno.