Il tintinnio dei microscopi: cosa rischia la politica che si fa da parte

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Sull’onda emotiva delle stragi di Capaci e Via D’Amelio e delle grandi inchieste sulla corruzione, prima fra tutte Mani Pulite, nel primo lustro degli anni ’90 i magistrati conobbero una popolarità senza precedenti, idoli assoluti ai quali il cittadino avrebbe consegnato ad occhi chiusi la gestione del Paese. Il magistrato, eroe civile senza onta che incarna la giustizia, in contrapposizione ai politici e ai manager del malaffare.

 

Un bisogno, quello di affidarsi a icone salvifiche, abbastanza comune nei momenti di crisi, e che adesso si sta forse riproponendo con i medici-scienziati. Con tutti i rischi del caso, se non maggiori. Quella fase di popolarità condizionò infatti negativamente molte toghe, portandole a derive ideologiche incompatibili con la loro missione. Se, tuttavia, la loro opera di condizionamento veniva effettuata dal’esterno, delegando completamente il proprio lavoro ai medici-scienziati la politica rischia oggi di renderli unici e soli gestori e padroni del Paese, al di là del loro ruolo e delle loro competenze. Preda e vittime di un bisogno di protagonismo che già si inizia a intravedere in qualche caso, proprio come accadeva ieri con i rappresentati del potere giudiziario.

 

La politica non può e non deve sostituirsi alla scienza, ma è pur vero che quella che stiamo vivendo non è solo una crisi medico-sanitaria ma anche economica, politica, sociale e culturale, che andrà quindi affrontata (se destinata a durare a lungo) da diverse e molteplici prospettive e mettendo in atto soluzioni condivise.

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Coronavirus: perché dobbiamo augurarci che Renzi abbia torto

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Misura profilattica medievale ideata per la prima volta dalla Repubblica di Venezia nel secolo XIV, la quarantena viene messa in atto in mancanza di altri strumenti di contrasto efficaci, ed ha carattere temporaneo. Questo anche per l’impossibilità di paralizzare troppo a lungo una comunità, con tutte le ripercussioni che ne deriverebbero.

Sebbene inattuabile, almeno per il momento, la proposta di Matteo Renzi offre interessanti spunti di riflessione, per chi abbia avuto la pazienza di andare oltre i titoli di giornali e blog e l’onestà di resistere al bias di conferma. Il Coronavirus non è infatti la peste seicentesca o la Spagnola, ma una malattia con un tasso di letalità assoluta intorno al 2% (fonte Prof. G. Silvestri) e circoscritto quasi esclusivamente a poche categorie, ai margini del sistema produttivo (brutale ma doverosa e necessaria concessione al pragmatismo); pensare di prorogare “sine die” il lockdown significherebbe quindi determinare, per tutti e senza distinzioni, conseguenze ben peggiori e drammatiche del virus stesso, cronicizzando ed estendendo ad ogni settore e ambito della nostra vita una crisi altrimenti transitoria. In caso di implosione dell’economia, pure il SSN, la cui protezione è oggi uno degli obiettivi principali della quarantena, si troverebbe ad affrontare difficoltà più gravi e complesse del sovraffollamento delle strutture ospedaliere.

Allo stesso tempo, e non va dimenticato, si pone il problema della sospensione dei diritti e delle libertà individuali nel quadro di un controllo di tipo poliziesco e militare, situazione anch’essa non accettabile e sostenibile oltre un certo limite, in uno stato democratico e di diritto.

Quella che stiamo vivendo non è solo una crisi medico-sanitaria, ma anche economica, politica, sociale e culturale, pertanto non è razionale e pensabile affidare ai soli medici il timone del Paese. Il rischio sarebbe finire sugli scogli, cercando di evitare una burrasca. Qualora le cose non accennassero a migliorare, le autorità dovranno necessariamente predisporre soluzioni alternative (magari mutuandole dall’estero e avvalendosi delle tecnologie più avanzate), superando la paralisi.

Al di là dei condizionamenti di bandiera, a Renzi va riconosciuto il merito, primo e per adesso unico tra i leader politici, di aver smosso le acque, sollevando un dubbio legittimo che a breve sarà condiviso da altri.

Se gli USA mangiano i bambini: l’Occidente e quella sfida delicatissima ai tempi del Coronavirus

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In questi giorni è frequente imbattersi in articoli e post che descrivono uno scenario apocalittico negli USA del Coronavirus, tra cure negate ai malati, assalti alle armerie e mancanza di posti letto. In molti casi si tratta di un’offensiva propagandistica (propaganda “esterna”, “agitativa”, “grigia”, “nera” e “grassroots “) basata anche sulle tecniche della guerra ibrida, delle PsyOps* e delle 4WG**.

 

Sferrata da paesi come Russia e Cina e dalle loro sponde occidentali, non risparmia l’UE, accusata di egoismo nonostante i massicci aiuti già stanziati ai suoi stati-membri.

 

Per il blocco atlantico, l’emergenza Coronavirus apre dunque una partita delicatissima che andrà giocata bene sul fronte economico-politico (con aiuti e sostegni adeguati ai partner più in difficoltà) e comunicativo-propagandistico (la propaganda “interna” è un aspetto tralasciato dall’Occidente dopo la fine della Guerra Fredda), in modo da resistere il più possible all’urto di quegli attori intenzionati a indebolirlo e dividerlo così da trarne un vantaggio altrimenti impossibile.

 

*Psychological operations

**Guerre di quarta generazione

Coronavirus – Pasticcio del Capitano

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Negare sempre è una tattica molte volte fallimentare, nella comunicazione politica. Per questo è ad esempio sconsigliatissima la rimozione di un post “incriminato”; meglio confrontarsi, o magari chiedere scusa. Il chiedere scusa, in particolare, può trasformare un incidente di percorso in un’opportunità, dando l’occasione di mostrarsi intellettualmente onesti, umili e trasparenti. Di accorciare le distanze con l’uomo “comune”.

Ecco perché Matteo Salvini ha sbagliato, con la sua risposta a chi gli contestava, giustamente, di essere uscito mano nella mano con la fidanzata, senza protezioni e circondato dalla scorta.

Come ho detto in altri contributi, la comunicazione politica e la strategia politica sono competenza di personale specializzato e formato a tale scopo, figure che padroneggiano le scienze del comunicare, la storia, la storia politica, le scienze diplomatiche, la psicologia delle masse, ecc. Gli “smanettoni” (social media manager, informatici, ecc), come i ragazzi che ha dietro il leader del Carroccio, sono dei finalizzatori, degli esecutori, ma non sono attrezzati per stare in cabina di regia. Il modello inglese e quello americano, patrie dello “spin”, ce lo insegnano, dagli anni ’30.

Le conseguenze del Coronavirus alla “prova” del passato

La Storia insegna che fenomeni della portata di quello che stiamo sperimentando vengono assorbiti e “dimenticati” nel breve/brevissimo periodo, se di durata contenuta e non replicati.

Lo dimostrano, del resto, anche i casi simili dell’influenza “asiatica” e dell’influenza “spaziale”, che pure negli anni ’50 e ’60 infettarono milioni di italiani e ne uccisero migliaia.

Per questo è probabile che, se bloccato in tempi ragionevoli, il Coronavirus lascerà tracce solo nell’immediato nell’economia italiana. Non si tratta infatti di una crisi strutturale con complessi ancoraggi endemici, come quella del 2008/2009. Paradossalmente, il Paese potrebbe giovare anche di un’ondata emotiva positiva, sia interna che esterna.

La Cina e il Coronavirus: perché è sbagliato parlare di complotto, perché è sbagliato deridere chi parla di complotto

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L’approccio ad un paese dittatoriale o totalitario come la Cina richiede un’ottica ed una prospettiva diverse da quelle adottate nell’analisi delle politiche e dei comportamenti dei paesi occidentali e delle loro leadership. Un regime non libero segue infatti logiche e dinamiche a noi estranee e per noi singolari e difficilmente comprensibili.

Liquidare con un sorriso ironico le ipotesi che vogliono il Covid-19 “sfuggito” ad un laboratorio cinese o diffuso ad arte, o ancora il giovane medico Li Wenliang (l’uomo che insieme ad altri colleghi aveva sfidato le autorità rendendo di pubblico dominio la natura dell’epidemia) ucciso dal regime, è quindi sbagliato e irrazionale.

Non solo perché, ad oggi, mancano gli elementi che neghino o confermino con certezza qualsiasi versione, ma appunto perché ci troviamo davanti ad una realtà che segue indirizzi e principi a noi lontani e incompatibili. Non va inoltre dimenticato che anche il mondo democratico, e lo documenta la storia, non è e non è stato estraneo ad azioni opache, sotterranee e gravemente anti-etiche*.

Questo non vuol dire accogliere la tesi “dietrologica”, sia bene inteso. ma semplicemente suggerire un’equilibrata prudenza. In questo come in ogni altro scenario.

Purtroppo, la diffusione del complottismo nelle sue variabili più improbabili e grottesche ha finito col mettere in cattiva luce il dubbio, cardine e base dell’analisi scientifica del fatto, a vantaggio dell’ufficialismo “senza se e senza ma”.

*Approfondimento

Gli USA e Cuba, tra complotti e manguste

Dopo il definitivo passaggio della Cuba castrista nell’orbita sovietica ed il fallimento del blitz nella Baia dei Porci (deciso dall’amministrazione Kennedy ma ideato da quella di D.D. Eisenhower ), tra le misure per abbattere il governo del “Líder Máximo” Washington concepì anche la cosiddetta “Operazione Mangusta” (Operation Mongoose) o “Cuban Project”

Diretta dalla CIA, la Mangusta aveva tra i suoi maggiori promotori e responsabili anche Robert F. Kennedy, fratello minore di John, ministro della Giustizia e fervente anti-comunista.

“La mia idea”, disse RFK ai colleghi dell’intelligence, “è di fomentare le cose sull’isola con spionaggio, sabotaggio, disordine generale, condotti ed eseguiti da cubani stessi, con ogni gruppo ad eccezione dei batistiani e dei comunisti”.
Tra i progetti presi in esame c’era la possibilità di:

-far esplodere una nave statunitense nella Baia dei Porci ed incolpare Cuba (casus belli)

-affondare navi vicino all’entrata dei porti statunitensi e condurre funerali per vittime fasulle (casus belli)

-sviluppare una campagna di terrore cubano comunista nell’area di Miami, altre città della Florida e perfino Washington (casus belli)

-combinare un incidente che dimostrerà che un aeroplano cubano ha attaccato e abbattuto un aeroplano civile americano noleggiato (casus belli)

-far cadere la barba di Castro per far diminuire il suo carisma tra la gente

-far circolare a Cuba foto false ritraenti un Castro obeso e immerso nel lusso mentre si abbuffava con due belle ragazze e accompagnare le foto dalla scritta : “La mia razione è differente”

-far recapitare a Castro sigari velenosi

-fare uccidere Castro da boss della mafia americana

-depositare conchiglie velenose sul fondo della baia dove Castro era solito fare immersioni

Queste ed altre proposte, a volte folli, altre volte grottesche, rimasero per fortuna nel cassetto (anche se furono messi a segno 5.780 atti terroristici e 716 sabotaggi ad infrastrutture economiche cubane) e l’operazione venne bollata dallo stesso Arthur Schlesinger Jr. (spin doctor di JFK) come “la più lampante follia di Robert Kennedy”, mentre secondo il politologo britannico Michael Dobbs, capo dello staff del Partito Conservatore sotto Margaret Thatcher , “l’Operazione Mangusta era la peggior combinazione possibile di politica estera: aggressiva, rumorosa, inefficace”.

A riprova dell’esistenza della Moongose e dei suoi piani per il sabotaggio di Castro, gli archivi della CIA e della Casa Bianca riguardanti il caso ed oggi accessibili al pubblico.

Ma se così non fosse?
Immaginiamo che le autorità statunitensi avessero deciso di mantenere segrete le carte riguardanti l’operazione. È lecito pensare che una parte dell’opinione pubblica mondiale, verosimilmente la più razionale, rifiuterebbe di credere alla sua esistenza, proprio in ragione dell’assurdità dei progetti sopraesposti, confinandola tra le teorie del complotto più sconclusionate ed eccessive

Perché era sbagliato demonizzare la Cina, perché è sbagliato esaltare la Cina

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Oltre ad essere stato il diffusore del Coronavirus, con modalità ancora da chiarire (cattive condizioni igieniche? Pericolose abitudini alimentari? Esperimento militare?), la Cina ha tentato di nascondere il più possibile l’epidemia, fino a quando un medico di Whuan, il dr. Li Wenliang, non ha coraggiosamente sfidato insieme ad altri colleghi la censura di regime, rendendo di pubblico dominio l’emergenza.

Al netto di ogni ovvia e scontata condanna del razzismo e del pregiudizio contro quel popolo e quel Paese, esaltare la RPC, per gli aiuti che sta inviando e per il fatto di essere quasi riuscita ad azzerare i contagi (in questo favorita anche dai suoi metodi repressivi di natura illiberale) è quindi dl tutto irrazionale e fuori luogo.

Davvero sembra impossibile mantenere l’equilibrio. In questo senso non aiuta il substrato ideologico di molti.