Senza indulgere nelle teorie forse un po’ troppo ardimentose che vedono il “sistema” capace di controllarci e manipolarci usando particolari “segnali” generati dai monitor, è tuttavia indubbio e indiscutibile che la fase storica attuale rappresenti un’enorme occasione di guadagno e profitto per i colossi dell’e-commerce, del web e per l’informazione on-line.
Ma non solo.
Governi, partiti e apparati di sicurezza, ovvero il “sistema” inteso nella sua accezione politico-istituzionale, traggono ugualmente vantaggio da uno scenario come quello odierno, non soltanto potendo controllare i cittadini grazie alla mole di dati personali che essi immettono o lasciano mentre navigano ma anche erodendone la socialità, tenendoli isolati dietro uno schermo o comunque separati e distanti (“distanziati”).
Una strategia che potrebbe avere tra le sue ragioni d’essere anche la volontà di contrastare e liquidare i neo-populismi e, più in generale, tutti quei fenomeni inseriti nella categoria dell’ “anti-politica” (termine usato spesso con un intento volutamente spregiativo). Perché se è vero che populismi e neo-populismi si sono dimostrati molto forti sulla rete, è altrettanto vero che, almeno in Occidente, appaiono oggi in crisi, mentre a dominare sono e restano le forze “tradizionali” o quelle che ne hanno assimilato le caratteristiche.
Solo il tempo potrà fornirci una risposta in tal senso, ma stravolgere la natura stessa dell’uomo, che è fatta anche di convivenza, condivisione e contatto, di realtà reale, sarebbe un’impresa impossibile per chiunque.
“Natale sulla neve è un problema di carattere sociale e morale, perché io, onestamente, non penserei di andare a sciare sapendo che ci sono ancora centinaia di morti al giorno”; così Andrea Crisanti, tre giorni fa su Rainews24.
Qualche settimana prima, lo stesso Crisanti aveva definito “moralmente inaccettabile” riaprire a Natale, alla luce dei 500 morti quotidiani attribuiti al Covid (ogni giorno e da sempre muoiono milioni di persone in tutto il mondo, al di là del virus).
Dopo aver indossato i panni del virologo, dell’epidemiologo e del farmacologo, l’entomologo capitolino sembra voler emulare il premier indossando anche quelli del filosofo, del teologo e del padre spirituale per dirci ciò che probo e ciò che è improbo, ciò che è morale e ciò che è immorale.
All’apparenza solo una boutade, la cosa è in realtà emblematica del fenomeno degli “scienziati mediatici” tipico di questa fase storica almeno in Italia. Persone spesso catapultate sotto i riflettori all’improvviso, esposte ad una visibilità che forse non hanno saputo gestire lasciandosi prendere la mano dall’Ego (nella più indulgente delle ipotesi). Tutto questo, è bene ricordare, non solo a svantaggio loro e della loro immagine (sul medio-lungo periodo), ma soprattutto a svantaggio del pubblico, del cittadino comune.
“La bomba su cibo e acqua che può far saltare il vaccino” (Il Giornale)
Silvio Garattini: “Pasticcio sui vaccini, difficile partire a gennaio” (Huffpost)
“Euforia da vaccino: la Borsa ha perso la testa” (Huffpost)
“Gli effetti collaterali del vaccino anti-COVID non sono una passeggiata, dicono i medici USA” (Money.it)
Vaccino Covid, il farmacologo Garattini: «Un pasticcio, difficile partire a gennaio» (Il Messaggero)
Capua: “Il vaccino? Non efficace al 100%, Non toglieremo le mascherine” (Il Giornale)
“Il coronavirus può mutare e diventare resistente al vaccino” (Scienze Fanpage)
Vaccino Covid, “Difficile partire a gennaio”: l’avvertimento del farmacologo Garattini (QuiFinanza)
La speranza del vaccino anti-Covid si allontana. AstraZeneca ammette: “Richiede studi ulteriori” (La Stampa. Forse il titolo più fuorviante e scorretto di tutti.)
Questi sono solo alcuni, una piccola fetta, dei titoli (e degli articoli) sensazionalistici (e fuorvianti) contro gli imminenti vaccini anti-Covid.
Come ampiamente previsto e prevedibile, l’avvicinarsi di strumenti decisivi nella lotta al virus ha scatenato e sta scatenando la reazione di tutti quegli Attori che traggono vantaggio e beneficio dalla crisi sanitaria.
A meno che l’obiettivo non sia capitalizzare fin quando possibile, si tratterebbe ad ogni modo di tentativi tanto scorretti quanto inutili, dal momento in cui non potranno rallentare in maniera significativa né fermare la produzione e la distribuzione dei vaccini. Mittente e vettore non avrebbero e non hanno quindi che da perdere, da una simile postura strategica.
Uno dei fenomeni carattteristici di questi mesi è che le previsioni negative, quando sbagliate, risaltano in genere meno rispetto a quelle, altrettanto sbagliate, positive.
Ciò avviene non solo perché la narrazione ancora dominante è orientata ad un approccio ansiogeno ma anche perché , in un contesto difficile e doloroso, le prime tendono a diluirsi con la realtà, mimetizzandosi con essa, mentre le seconde hanno un compito più oneroso e problematico, inserendosi in un scenario appunto complesso e critico che devono “ribaltare” (si aggiungano le enormi aspettative create).
Quando errata, la previsione ottimistica verrà enfatizzata e spiccherà quindi oltremodo, con grave e spesso immeritato danno al suo mittente.
Il ricorso ad una comunicazione ansiogena e allarmistica e la colpevolizzazione del cittadino non è servito e non serve alla maggioranza soltanto a mascherare le proprie inadempienze (spesso condivise con le autorità locali) ma anche a indurre la popolazione ad osservare le misure restrittive. Questo perché difficilmente gli italiani rispetterebbero disposizioni tanto severe se vedessero nei loro estensori i primi responsabili della situazione.
Siamo dunque in presenza di una forma di propaganda “agitativa”, “interna”.
La cosa rischierà ad ogni modo di trasformarsi in un’arma a doppio taglio quando l’emergenza si concluderà; non solo, infatti, sarà molto difficile fare appelli all’ottimismo per ripartire ad un popolo che si è terrorizzato per mesi e del quale si è minata intenzionalmente la coesione, ma lo stress e la rabbia accumulati potrebbero scatenare una risposta fisiologica capace di travolgere un blocco giallo-rosso già in crisi prima di febbraio/marzo.
La speranza, per l’esecutivo e i suoi partiti, è che l’euforia per la fine della crisi sanitaria sia più forte e che ad essa si accompagni una fase di rilancio economico in grade stile, come spesso avviene dopo un momento di difficoltà. Altrimenti la sinistra e il M5S, almeno come li conosciamo oggi, potrebbero trovarsi alla fine della loro parabola storica.
La scomparsa del proletariato “classico”, così come lo intendeva il Marxismo, e delle contrapposizioni ideologiche e bipolari novecentesche, ha indotto la sinistra (non solo partitica e non solo italiana) ad una revisione dei propri indirizzi ideologici e politici. Ciò ha a sua volta determinato la “sostituzione”, nell’agenda delle priorità, del già citato “vecchio” proletariato con il ceto pubblico-statale, anche per via del suo ruolo “simbolico” di antitesi al privato.
Così facendo la sinistra si è però dimenticata anche di quel “neo-proletariato”, di quel “cyber-proletariato”, di tutti quei nuovi “ultimi” riassumibili nella formula “Quinto Stato”, lavoratori indipendenti, precari e poveri ma spesso qualificati e mobili, sottoposti ad una flessibilità continua e impietosa.
Un errore, non in ultimo strategico, che ha favorito e sta favorendo il ritorno e l’ascesa dei populismi e dei neo-populismi e che vediamo riproporsi oggi in tempo di epidemia, almeno in Italia, con la protezione e la valorizzazione del settore pubblico-impiegatizio e una sostanziale mancanza di empatia verso i più colpiti dalle chiusure e dalle restrizioni, ovvero quella forza fragile e indipendente appena descritta.
Puntare il dito contro il “mittente” (l’intervistato) è spesso riduttivo, perché la responsabilità di una certa, cattiva, informazione, è innanzitutto del “vettore” (i media). In questo caso, emblematico, la prima pagina e il titolo attribuiscono alle dichiarazioni di Andrea Crisanti un ruolo, un peso e un significato che sono lungi dal possedere, dal momento in cui parliamo di un entomologo che non ha nessun legame di collaborazione con i centri della decisione in materia di chiusure e restrizioni (CTS, governo, servizi di sicurezza, ecc). Le opinioni del Crisanti sono tuttavia presentate come verità ineluttabile e inevitabile, facendo non solo della disinformazione (non possiamo sapere cosa accadrà tra un mese e in più il governo si sta muovendo proprio per scongiurare un lockdown natalizio) ma, quel che è peggio, creando ansia e panico. Cosa che è infatti avvenuta, giacché il comportamento de “La Tribuna di Treviso” è stato replicato da molti altri giornali come da notiziari radio e tv di tutta Italia.
Tirare per la giacca medici e scienziati in ambiti che esulano dal loro campo specifico (si vedano anche le recenti polemiche sul vaccino dello stesso Crisanti o del Galli) o chiedendo loro impossibili profezie, non serve ai lettori e non serve nemmeno agli intervistati, il cui Ego è “solleticato” ma con risultati dannosissimi, sul lungo periodo, per la loro immagine pubblica e professionale.
Dopo lo sconcertante e ostinato Crisanti*, pure Galli, segnalatosi negli ultimi mesi per una comunicazione non proprio orientata all’ottimismo, solleva dubbi sui vaccini anti-Covid fingendo di non conoscere le rigorosissime procedure che anche in caso di emergenza un farmaco o un vaccino devono affrontare per l’approvazione (“pochi dati pubblicati”, “sono favorevole ma prima i dati”).
Posizioni poco responsabili, soprattutto in un’epoca che vede il movimento no-vax molto solido e attivo, ma prevedibili e previste; facendo “scomparire” la pandemia, i vaccini faranno scomparire dalla ribalta anche le figure e i personaggi che si sono trovati al centro dei riflettori da febbraio/marzo (con tutto ciò che ne consegue per loro), e tale consapevolezza li rende forse nervosi e imprudenti, anche solo a livello inconscio.
Questa, si badi bene, è la più indulgente delle ipotesi, altrimenti dovremmo pensare a conflitti d’ interesse di ben altra portata. In ogni caso, si tratta di tentativi tanto disperati quanto inutili; la produzione e la distribuzione dei vaccini e dei farmaci anti-Covid non si fermeranno né rallenteranno per le proteste di anonimi opinionisti italiani, che invece otterranno solo il risultato di compromettere la propria immagine e farsi accostare al complottismo più grottesco dopo una vita dedicata alla scienza.
*Il Crisanti ha detto e intendeva dire esattamente quello che è stato riportato dai media (esistono anche prove audio-visive a riguardo). I tentativi dei suoi “estimatori” di trovare un appiglio esegetico contro la stampa sono comprensibili (non è facile riconsiderare una persona che stimavamo, anche perché in un certo senso questo vuol dire riconsiderare noi stessi), ma l’entomologo aveva dimostrato poca serietà in modo lampante e inequivocabile già mesi orsono (in agosto), quando aveva parlato di “decine e decine” di malati di Covid in TI a Padova mentre non ce n’era nemmeno uno.
Tra i punti di forza della “mis-informazione”, della “disinformazone”* e della propaganda, ci sono anche strategie criptiche e all’apparenza innocue e riconducibili a legittime se non necessarie scelte editoriali. In realtà sono veri e propri escamotage manipolatori, molte volte efficacissimi anche perché difficili da contrastare non essendo visibili.
Vediamone alcuni
1) le “fessure controllate”, ovvero sporadiche notizie/considerazioni che vanno contro il proprio editore o contro una narrazione “mainstream”. Servono a dare l’illusione che il mittente/vettore sia libero e indipendente
2) inserire una notizia in pagina pari o in pagina dispari non è la stessa cosa: statisticamente, quelle in pagina pari saranno più lette rispetto a quelle in pagina dispari
3) una notizia inserita negli angoli superiori della pagina, soprattutto negli angoli di destra, catturerà maggiormente l’attenzione
4) inserire un notizia nel settore “opinioni”, cioè lo spazio degli editorialisti e dei columnist, le darà maggior visibilità e maggior prestigio
5) inserire una notizia di importanza nazionale nelle cronache locali (cittadine, provinciali, regionali) serve a ridimensionarne l’importanza
6) inserire nella sezione esteri una notizia che tocca la vita nazionale serve a dare la percezione riguardi poco o nulla il lettore
7) inserire una notizia di interesse comune e contingente nelle sezioni specializzate e nelle rubriche (Scienza Cultura, Economia, Finanza, ecc), serve a ridimensionarne l’importanza
8) il classico schema “chi”, “dove”, “come”, “quando”, “perché” viene sacrificato a vantaggio del “cosa”, del “chi” e del “come”. Scompare o quasi il “perché”, ovvero lo scenario dentro cui il fatto è maurato, i suoi legami con altri avvenimenti, ecc. Il titolo ha un’importanza preponderante, come “esca”. Così facendo si attira il lettore ma la notizia è offerta in maniera disarticolata
9) “decontestualizzazione storica”, ossia relegare in secono piano e/o omettere gli elementi storici, politici, finanziari, sociali ec, alla base della notizia
10) sistema delle “notizie puzzle”, la voluta dispersione e frammentazione delle cause e delle conseguenze di un fatto, anche qui per disarticolare e distorcere la notizia (il punto 10 e il punto 9 agiscono in sinergia con il punto 8)
Ovviamente e come già accennato, quese tecniche possono essere usate in un senso o nell’altro, per marginalizzare come per enfatizzare una notizia e la sua portata
*Approfondimento
Molto più di una “bufala”: le tre anime della non-verità
Indicate genericamente come “bufale” e/o “fake news”, le informazioni non-vere sono tuttavia un universo composito e vastissimo, strumenti concepiti, sviluppati e veicolati da e attraverso modalità spesso diverse, il ché rende obbligatoria una classificazione molto più articolata e specifica.
Nel dettaglio, sono e andranno fatte rientrare nel campo della:
-mis-informazione (costruite dai singoli, involontariamente o con superficialità, magari per rispondere a bisogni inconsci)
-mal-informazione (la distorsione, la manipolazione e la strumentalizzazione dei fatti, anche reali, ad opera delle istituzioni, che cercano in questo modo di recuperare consenso e popolarità)
-disinformazione (il trarre in inganno deliberatamente, creando una realtà alternativa e fittizia)*
Andando ancor più nello specifico, le tre variabili sono a loro volta legate a:
-una manifestazione psicologica e cognitiva, che investe i nostri modi di creare conoscenza e dare significato al mondo, con le ansie conseguenti
-una dinamica di conoscenza sociale, che tocca i modi di creare comunità o distruggere sodalizi organizzati, con le richieste di riconoscimento derivanti
-una scelta politica e militare, che implica opzioni specifiche nell’applicazione del potere, nella ricerca di interessi, nell’uso o meno della forza (Fontana)
Perché, vedete, al di là dei vantaggi (reali o presunti) economici, professionali e personali derivati da questa situazione, al di là dei conflitti di interesse (reali o presunti), a pesare c’è anche la più classica, e se vogliamo comprensibile, delle umane debolezze: la vanità. Da semi-sconosciuti “topi” di laboratorio e corsia si sono trasformati in “vip”, visibili e ammirati, fermati per strada, acclamati al bar e al ristorante: “Professore, l’ho vista ieri dalla D’Urso! Ah, com’è intelligente, lei!”…”Professore, l’ho vista ieri a Porta a Porta. Eh, lei è il più chiaro di tutti!”…”Dottore, l’ho sentita ieri al Tg1. Lei ci ha salvati!”. I loro contatti sui social centuplicano, come i like ai loro post, ecc, ecc. Naturalmente non si augurano che la pandemia duri in eterno (sarebbero dei criminali) ma sanno che la sua fine, che è forse non lontana, li riporterebbe e li riporterà alla vita di prima. E questo, almeno a livello inconscio, forse li condiziona e fa dire loro cose imprudenti e azzardate, li rende nervosi. È umano… purché non si vada troppo oltre.