Gerald Ford e Ronald Reagan non ebbero in comune soltanto l’appartenenza al GOP e la Presidenza degli Stati Uniti d’America ma anche l’essere indicati da esperti e giornalisti come “uomini qualunque”, prestati alla politica. Ciò che tuttavia li distingueva era il fatto che se il mite Ford era oggettivamente un “uomo qualunque”*, Reagan piaceva all’ “uomo qualunque” ma non era un “uomo qualunque”
L’ex attore poteva infatti contare su un’ eccezionale capacità comunicativa (oltre ad una fisicità molto peculiare ), dote che mancava a Ford, che infatti non riuscì a confermarsi alla Casa Bianca
Chi in questi giorni indica nell’essere un “everyman” la forza dell’On. Luigi Di Maio, non tiene conto proprio di questa fondamentale lezione del marketing politico: per piacere all’elettore, un candidato/leader deve far sì che l’elettore si riconosca in lui (Reagan, Berlusconi, Trump, Hollande, ecc) ma non deve essere come lui. Agentico o cooperativo, ideologico o pragmatico, dovrà infatti mostrare doti comunicative, una personalità e tratti distintivi fuori dal comune, elementi e abilità di cui l’ “uomo della strada” Di Maio non dispone
Il vice-presidente della Camera sarà dunque e probabilmente solo un “frontman”, dannoso o nella migliore delle ipotesi non influente per il M5S nel 2018
* per le circostanze che lo avevano portato alla Casa Bianca, fu definito “the accidental president”, il “presidente accidentale”