Da Ford a Di Maio: forza e debolezza dell’uomo della strada

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Gerald Ford e Ronald Reagan non ebbero in comune soltanto l’appartenenza al GOP e la Presidenza degli Stati Uniti d’America ma anche l’essere indicati da esperti e giornalisti come “uomini qualunque”, prestati alla politica. Ciò che tuttavia li distingueva era il fatto che se il mite Ford era oggettivamente un “uomo qualunque”*, Reagan piaceva all’ “uomo qualunque” ma non era un “uomo qualunque”

L’ex attore poteva infatti contare su un’ eccezionale capacità comunicativa (oltre ad una fisicità molto peculiare ), dote che mancava a Ford, che infatti non riuscì a confermarsi alla Casa Bianca

Chi in questi giorni indica nell’essere un “everyman” la forza dell’On. Luigi Di Maio, non tiene conto proprio di questa fondamentale lezione del marketing politico: per piacere all’elettore, un candidato/leader deve far sì che l’elettore si riconosca in lui (Reagan, Berlusconi, Trump, Hollande, ecc) ma non deve essere come lui. Agentico o cooperativo, ideologico o pragmatico, dovrà infatti mostrare doti comunicative, una personalità e tratti distintivi fuori dal comune, elementi e abilità di cui l’ “uomo della strada” Di Maio non dispone

Il vice-presidente della Camera sarà dunque e probabilmente solo un “frontman”, dannoso o nella migliore delle ipotesi non influente per il M5S nel 2018

* per le circostanze che lo avevano portato alla Casa Bianca, fu definito “the accidental president”, il “presidente accidentale”

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La violenza sulle donne, la sinistra e quell’indignazione intermittente

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Davanti alle aggressioni perpetrate negli ultimi giorni da stranieri ai danni di alcune donne e a vicende come quella di Abid Jee, un segmento non trascurabile della sinistra e del movimento d’opinione femminista ha scelto il silenzio oppure si è focalizzato sulle statistiche riguardanti le violenze di genere commesse dagli italiani

Se un tale approccio può avere un intento di per sé positivo e lodevole (disinnescare il pregiudizio sugli stranieri) dall’altro lato sorvola pericolosamente sulle cause, profonde, alla base di simili episodi, tra le quai la visione della donna in certe culture e società

Severi con il “maschio italiano” (quasi fosse una categoria antropologica a parte) e solerti nell’effettuare ricognizioni sociologiche quando il colpevole è un nostro connazionale e quando il sessismo è “made in Italy”, una cera sinistra e un certo femminismo si confermano dunque incerti, titubanti e inadeguati nell’analisi della questione femminile presso l’Altro, optando per un’immatura relativizzazione (la cultura dello straniero ne legittimerebbe il maschilismo e legittimerebbe l’oppressione della donna) o, come nel caso di specie, per un irrazionale logica contrappositiva-compensativa