Il prevedibile semi-flop di Minsk.

ucraina minsk dombass“Accordo non risolutivo”.

Così Federica Mogherini, rappresentante degli Esteri UE, ha commentato il cessate il fuoco stabilito a Minsk. Intanto, nella notte, una cinquantina di carri armati russi avrebbero oltrepassato la frontiera ucraina.

La scarsa concretezza di quanto ottenuto nel vertice era eventualità prevista e prevedibile; potenze minori, Parigi e Berlino non hanno, infatti, la forza negoziale per concedere assicurazioni definite e sul lungo periodo, né possono contare su uno status paritetico nel confronto con Mosca (Berlino non ha nemmeno un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza dell’ONU) .

L’unico risultato tangibile della due giorni potrebbe invece essere l’indebolimento dell’asse occidentale, con l’esclusione degli alleati più importanti ( e di Bruxelles) dall’incontro.

Una decisione strategicamente immatura, dunque, quella delle due cancellerie, forse più attente alle esigenze di un sorpassato autoreferenzialismo sciovinista che non alla risoluzione della crisi.

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L’ “addomesticamento” di Tsipras: un destino inevitabile anche per “Podemos”.

Finance ministers meeting“Rispetteremo i nostri obblighi sul prestito verso la BCE e il FMI”, queste le parole del primo Ministro greco Alexīs Tsipras, due giorni fa.

Una turning point prevedibile per il giovane leader di Syriza, consapevole di non avere le coperture e il peso contrattuale per un braccio di ferro con l’attuale governance europea né per la realizzazione del suo programma ispirato al newdelismo rooseveltiano.

Un destino che attenderebbe anche lo spagnolo “Podemeos” (movimento di sinistra nato sul modello del M5S italiano) qualora dovesse accedere a Palazzo della Moncloa, data la precarietà dei conti del Paese e la debolezza di Madrid nei consessi internazionali.

La crescita e l’affermazione di soggetti apertamente ostili all’attuale, miope, politica di rigore, sarà senza dubbio destinata ad imprimere un cambiamento nelle linee di indirizzo di Bruxelles/Strasburgo e Francoforte, ma senza “shift” decisivi, sostanziali e traumatici a vantaggio di progettualità di segno socialista.

Austerity-L’insoffrenza francese: un’opportunità storica per Roma e Madrid.

Parigi non ha, da sola, la forza per opporsi in modo efficace e determinante a Bruxelles e Francoforte. Tuttavia, il suo “non possumus” all’austerity potrebbe diventare la spinta per la creazione di un asse mediterraneo con gli altri due big dell’area e dell’Eurozona (Italia e Spagna) in grado di smantellare l’ormai irrazionale e miope politica di contenimento ad ogni costo voluta, varata e difesa da Berlino e dalle altre cancellerie nordeuropee.

P.s: ricordiamo come il rapporto deficit/Pil della Francia sia al 4,3% mentre quello italiano al 3%

Referendum.Le insidie dell’indipendenza e il monito di David Cameron.

Rivolgendosi agli elettori scozzesi, il Primo Ministro britannico David Cameron ha chiesto di votare contro l’indipendenza di Edimburgo perché , ha aggiunto, «non ci sarà modo di tornare indietro».

La frase non è, come potrebbe sembrare, il colpo di coda di una retorica unitaria timorosa delle debacle, ma un messaggio, sottile, che l’inquilino di Downing Street ha voluto lanciare alle spinte centrifughe che minacciano di modificare la fisionomia del Regno Unito quale è oggi.

L’indipendentismo, europeo e occidentale, tende, infatti, a dare per scontati l’attuale status quo basato sulla democrazia e il rispetto della legalità internazionale e la sua prosperità economica (pur non mancando i periodi di crisi), considerandoli come acquisizioni naturali, quindi immutabili.

Non è così, e l’ombrello di Londra, Roma, Madrid, Berlino, ecc, potrebbe, un giorno, venire rimpianto.

Onestà tedesca e fellonia italiana. Breve analisi di una menzogna

E’ acquisizione comune l’idea del tedesco fedele ai patti e alla parola data contrapposto all’italiano, guascone ed opportunista, che straccia gli accordi presi e, con essi, il suo onore. Una simile traiettoria è il risultato di un ventaglio di fattori concomitanti e sinergici, facilmente riassumibili e condensabili nella seguente terzina:

; l’immagine, stereotipata, del popolo tedesco, incapsulato in una veste ideale dai contorni del rigore e dell’onesta intellettuale più adamantina

; la manomissione del portato storico perpetrata dalla componente ideologica, che impedisce una sana, razionale e soprattutto scientifica visione degli elementi documentali

; la debolezza della nostra coscienza nazionale, che ci porta ad un’attribuzione in senso svalutativo di tutto ciò che è patrio e, sul fronte opposto, ad un’iper valutazione di tutto quello che trova la sua paternità ed origine oltreconfine

L’attenta ed acuta osservazione dell’impianto fattuale non può e non potrà che che condurre, però, ad una facile smentita della teoria sopra esposta e ad un ridimensionamento dell’immagine dualistica da essa consegnata. La violazione, da parte tedesca, del trattato di Versailles, il “tradimento”, sempre da parte tedesca, del Patto Molotov-Ribbentrop, l’invasione (non comunicata agli alleati) dell’URSS, l’ aggressione della Germania alla Danimarca e alla Norvegia senza dichiarazione di guerra, l’aggressione, proditoria ed ingiustificata, all’Italia dopo l’8 settembre e la resa nell’Italia del Nord senza consultare gli alleai della RSI (svendendoli, de facto, agli anglo-americani) rappresentano soltanto un’esigua porzione dei “tradimenti” da parte di Berlino degli impegni assunti nei consessi internazionali ed all’onor militare. Del resto, lo stesso Joachim von Ribbentrop si vantava dell’inaffidabilità del suo Paese, arrivando ad affermare di voler collezionare e custodire in un prezioso baule tutti i trattati da lui firmati e successivamente violati e disattesi.

Mirabile esempio di rettitudine personale e collettiva, non c’è che dire.

P.s: gli elementi utilizzati dai detrattori del nostro Paese (italiani come stranieri) a sostegno della tesi dell’italica fellonia sono, in linea di massima, l’8 Settembre e il Patto di Londra del 1915. Nel primo caso, l’Italia si rifiutò semplicemente di proseguire una guerra non voluta dal popolo e che non aveva più nessuna possibilità di concludersi con un esito a noi favorevole. La prosecuzione del conflitto accanto a Hilter avrebbe significato, per una popolazione già ridotta allo stremo, altri due anni di bombardamenti a tappeto, di morte, di distruzione e sofferenza nonché un trattato armistiziale dalle clausole ben più gravi, gravose e pesanti di quello che invece riuscimmo ad ottenere (anche Grandi e lo stesso Mussolini trattarono per una pace separata, con gli angloamericani come con i sovietici, per sganciarsi dai tedeschi). Per quel che concerne il Patto di Londra, la volontà era quella di recuperare le terre irredente, portando a compimento i nostri processi risorgimentali e l’unità del Paese entro i suoi confini naturali. In entrambe le occasioni, l’Italia non fece altro che perseguire i propri interessi ed il proprio vantaggio, esattamente come la Germania, l’Austria o chiunque altro.