Tsipras e la Grecia tra rischi ed opportunità.

Quello che arriva dalle urne greche è un segnale, preciso e senza dubbio importante, rivolto sia all’attuale governace europea che ai movimenti d’opinione ostili a Francoforte e Bruxelles.

Nel primo caso, perché per la prima volta dallo scoppio della crisi (2008-2009) un Paese dell’Eurozona vede il trionfo di una forza dichiaratamente refrattaria all’attuale indirizzo rigorista, nel secondo perché la comunità maggiormente colpita dalla recessione ha scelto di affidarsi ad un partito che è, si, di rottura, ma europeista, lasciando ai margini le proposte di segno più estremistico (Alba Dorata e KKE).

Nel futuro prossimo di Alexīs Tsipras c’è tuttavia una sfida che si presenta come difficile, difficilissima, non soltanto per lo stato dei conti pubblici greci (che non consente l’attuazione delle promesse elettorali newdiliste di SYRIZA ) ma anche per la scarso peso di Atene nei consessi internazionali, fattore che impedisce al Paese di avere una forza contrattuale reale e vincolante (a differenza di Italia, Francia e Spagna).

Sembrano dunque esserci tutte le condizioni per fare del giovane ingegnere ateniese una “lame duck”, salvo il ricorso a coup de théâtre inattesi; uno di questi, potrebbe essere una sterzata strategica verso Oriente, con la vendita di quote del debito greco a Pechino (come fece il Portogallo nel 2010), una strada vantaggiosa anche per la Cina che ha la necessità vitale di uno sbocco sul Mediterraneo e che già dispone di una presenza massiccia sul Pireo.

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Austerity-L’insoffrenza francese: un’opportunità storica per Roma e Madrid.

Parigi non ha, da sola, la forza per opporsi in modo efficace e determinante a Bruxelles e Francoforte. Tuttavia, il suo “non possumus” all’austerity potrebbe diventare la spinta per la creazione di un asse mediterraneo con gli altri due big dell’area e dell’Eurozona (Italia e Spagna) in grado di smantellare l’ormai irrazionale e miope politica di contenimento ad ogni costo voluta, varata e difesa da Berlino e dalle altre cancellerie nordeuropee.

P.s: ricordiamo come il rapporto deficit/Pil della Francia sia al 4,3% mentre quello italiano al 3%