Il ricorso ad una comunicazione ansiogena e allarmistica e la colpevolizzazione del cittadino non è servito e non serve alla maggioranza soltanto a mascherare le proprie inadempienze (spesso condivise con le autorità locali) ma anche a indurre la popolazione ad osservare le misure restrittive. Questo perché difficilmente gli italiani rispetterebbero disposizioni tanto severe se vedessero nei loro estensori i primi responsabili della situazione.
Siamo dunque in presenza di una forma di propaganda “agitativa”, “interna”.
La cosa rischierà ad ogni modo di trasformarsi in un’arma a doppio taglio quando l’emergenza si concluderà; non solo, infatti, sarà molto difficile fare appelli all’ottimismo per ripartire ad un popolo che si è terrorizzato per mesi e del quale si è minata intenzionalmente la coesione, ma lo stress e la rabbia accumulati potrebbero scatenare una risposta fisiologica capace di travolgere un blocco giallo-rosso già in crisi prima di febbraio/marzo.
La speranza, per l’esecutivo e i suoi partiti, è che l’euforia per la fine della crisi sanitaria sia più forte e che ad essa si accompagni una fase di rilancio economico in grade stile, come spesso avviene dopo un momento di difficoltà. Altrimenti la sinistra e il M5S, almeno come li conosciamo oggi, potrebbero trovarsi alla fine della loro parabola storica.