
Nel 1967, durante la Guerra dei Sei Giorni, Israele schierò le sue prime atomiche (forse allora erano due), trasportabili dai caccia A-4E Skyhawk e F-4E Phantom.
Sei anni più tardi, nelle difficili fasi iniziali della Guerra del Kippur, la premier Golda Meir ed il ministro della Difesa Moshe Dayan misero di nuovo in allerta le forze nucleari, lasciando volutamente filtrare la notizia: 15 testate da 20 kilotoni lanciabili da missili balistici Jericho 1 e da cacciabombardieri. Lo scopo era intimidire non solo l’Egitto e la Siria ma anche l’Unione Sovietica, che aveva schierato a scopo dimostrativo un sottomarino nucleare di fronte alle coste israeliane.
Nel 1966, 40 scienziati americani esaminarono invece la possibilità di usare armi nucleari tattiche o a basso rendimento in Vietnam (dal rapporto segreto “Armi nucleari tattiche nel Sud-Est asiatico”), sconsigliando alla fine l’opzione in quanto sarebbe stata inefficace contro unità che si muovevano in ordine sparso e nella foresta (scenario sotto certi aspetti simile a quello ucraino) e perché il superamento della “soglia” nucleare avrebbe potuto dare origine ad un’escalation. Gli scienziati temevano in particolare l’intervento di Mosca e Pechino, diretto o tramite la fornitura di atomiche tattiche o a basso rendimento ai nord-vietnamiti.
Come vediamo, lo spettro del nucleare è essenzialmente un’operazione di pressione psicologica (PsyOps), propaganda “agitativa”, un gioco di prestigio usato per destabilizzare il bersaglio e/o lanciare messaggi trasversali. Tornando al 1967, Mosca aveva rifiutato non a caso di cedere atomiche all’Egitto, pur nazione amica.