Lo shock di Parigi e la (triste) normalità di Israele e degli ebrei.

israele francia cat reporterDalla sua nascita (1948) ad oggi, lo Stato di Israele, l’unica e la sola democrazia del Medio Oriente, ha subito migliaia di attacchi di stampo terroristico, per un bilancio di migliaia di morti e feriti.

Attacchi al cuore dei cittadini e del loro piccolo quotidiano, attacchi nei ristoranti, nei bar, nelle gelaterie, nei cinema, nelle scuole. Attacchi ai semafori o per le strade, attacchi con le bombe, con le pistole, con i sassi o, come sta avvenendo nelle ultime settimane, con i pugnali.

Attacchi nei teatri. Attacchi negli stadi.

Dalla sua nascita (1948) ad oggi, lo Stato di Israele, l’unica e sola democrazia del Medio Oriente, ha dovuto affrontare ben quattro conflitti armati con i suoi vicini: la guerra dal 1948-1949 (scatenata il giorno dopo la proclamazione di indipendenza del Paese), la guerra con l’Egitto del 1956, la Guerra dei sei giorni del 1967 e la guerra del Kippur. Conflitti nei quali al posta in gioco non era il Golan o la Cisgiordania ma la sopravvivenza stessa della Repubblica di Davide entro si suoi confini storici e naturali.

Dalla sua nascita (1948) ad oggi, lo Stato di Israele, l’unica democrazia del Medio Oriente, vede negato il suo diritto all’esistenza dalla maggior parte della Lega Araba (con le sole eccezioni di Egitto e Giordania) e dalle massime autorità palestinesi. Anzi, non dal 1948, dal XIX secolo, da quando, cioè, gli ebrei decisero di tornare nella terra dei loro padri.

Quello che ieri sera è accaduto nelle strade di Parigi non è, dunque, che la normalità, una folle normalità, per Israele e gli ebrei, e lo è da quel 1948 o, se preferite, da quel XIX secolo; è la storia di una vita negata, è la storia di un gelato interrotto dall’ululato di una sirena, è la storia di bambini costretti ad abbandonare lo scivolo o l’altalena per gettarsi sotto un tavolo.

Oggi che la Francia è stata colpita, proprio come Israele, forse potrà guardare con maggiore lucidità al suo approccio al dissenso armato (si veda l’inconcepibile ed ancora attiva Dottrina Mitterand), al suo rapporto con la sua comunità ebraica, minacciata da un’ondata di nuova intolleranza antisemita e costretta ad espatriare, e al suo rapporto con Tel Aviv.

Oggi, forse, francesi ed europei potranno capire che i torti e le ragioni non appartengono quasi mai ad una sola fazione e che problemi tanto complessi e delicati non si risolvono con un bollino.

Oggi, forse, potremo sentirci anche un po’ israeliani, anche un po’ ebrei, benché , per nostra fortuna, soltanto per poco, soltanto per un giorno.

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