La motivazione addotta dal M5S per giustificare la scelta astensionista nel voto sulle Unioni Civili (il dispositivo non sarebbe abbastanza completo) non potrà che apparire vuota e velleitaria se si pensa che lo scorso febbraio fu proprio il Movimento a far mancare all’ultimo secondo l’ossigeno al DDL Cirinnà nella sua versione più ampia e matura.
La decisione andrà invece ricondotta a quella strategia di avvicinamento al blocco conservatore che Grillo ha manifestato in modo inequivocabile attraverso l’alleanza europea con l’UIK e che continua a ribadire e confermare con le sue esternazioni pubbliche (si veda l’ultimo tackle su Sadiq Khan).
Alla caccia di quello spazio lasciato vuoto dal berlsuconismo, l’ex comico sapeva e sa bene di non poter apparire credibile portando in eredità una legge che avvantaggia la comunità LGBT, specialmente nell’imminenza di un appuntamento fondamentale come le lezioni romane.
D’altro canto, un “no” netto, secco e ideologico alla Cirinnà ed alle politiche egualitarie in senso più ampio, avrebbe come conseguenza un’emorragia a sinistra potenzialmente fatale. Da qui, la sterzata verso una motivazione ufficiale come quella data.