Buon Natale…senza sensi di colpa

gesù natale

L’idea, avuta da un istituto scolastico milanese, di sostituire i consueti auguri di buon Natale con un asettico “Buone Feste”, sarà da considerarsi tanto ipocrita quanto illogica.

Ipocrita perché in Italia le festività dicembrine sono soltanto quelle natalizie e cristiane, illogica perché non si comprende per qualche motivo la tradizione natalizia dovrebbe offendere la sensibilità degli appartenenti ad altri credi e confessioni, italiani o stranieri che siano.

E’ indubbio e innegabile che certe scelte giungano quasi sempre da sinistra, dove il laicismo (di matrice esclusivamente anti-vaticana ed anti-cattolica) si va a saldare con un un’interpretazione arbitraria dell’internazionalismo marxiano e con il senso di colpa per il passato coloniale e per il presente neo-coloniale dell’Occidente.

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Perché Brevik e il terrorismo islamico non sono la stessa cosa. Perché L’Islam radicale e l’Occidente non sono la stessa cosa.

Tra le punte di lancia della retorica islamofila più estremistica, il caso Breivik , utilizzato quando il dibattito si posa sul terrorismo della Mezzaluna per ridimensionarne il significato e la portata e per “controbilanciare” il giudizio su fenomeno e sull’islam più in generale, cercando di evidenziare quello che sarebbe un lato altrettanto oscuro della cristianità e della cultura occidentale.

Si tratta di un analisi ad ogni modo semplicistica, approssimativa e concettualmente immatura, questo perché Anders Behring Breivik era un criminale isolato che ha compiuto un gesto isolato ed unico nel suo genere per l’Occidente (almeno nelle sue proporzioni), mentre la violenza dell’Islam radicale conta e può contare su centinaia tra gruppi e sottogruppi, su migliaia di uomini reclutati e reclutabili ad ogni latitudine , sull’appoggio di Stati sovrani ed è causa, ogni anno, di migliaia di atti di tipo terroristico, in ognuno dei cinque continenti

Una foglia di fico, dunque, che il lavoro di scavo razionale mostrerà in tutta la sua inconsistenza

La strage di Parigi e quell’Islam che non può esser nascosto sotto il tappeto.

attentato-parigi-videoI fatti di Parigi, tragici non soltanto per il loro bilancio di sangue ma anche (e forse soprattutto) per la motivazione che ha armato la mano dei carnefici, raccontano un Islam ben diverso dall’immagine, agiografica ed irreale, confezionata da un certo movimento d’opinione liberal, un Islam che non è maggioranza ma che esiste, che è attivo e che sa e può far male.

E’ prendendo coscienza di questa realtà, espellendo l’elemento ideologico e puerilmente ecumenico (qualcuno direbbe “buonista”) dal proprio sistema normativo, che il terrorismo potrà essere piegato, nell’interesse dell’Occidente come dei musulmani, arabi o non arabi.

Liberté, Égalité, Fraternité pour tous.

Magdi Allam e l’ipocrisia degli atei devoti

Le ultime incursioni razziste di Magdi Cristiano Allam sul pericolo (infondato) Ebola potranno irritare, ma certamente non stupire. Non esiste, infatti, incoerenza tra la fede cristiana del giornalista egiziano ed il suo sentire xenofobo, semplicemente perché Allam non è un cristiano; la sua conversione, infatti, non fu e non è di tipo spirituale bensì ideologico (e, forse, tornacontista).

Al pari di tanti altri conservatori e reazionari, anche Allam ha individuato nell’Islam un pericolo dopo l’11 settembre e, di conseguenza, ha percepito il Cristianesimo quale contraltare naturale e baluardo da opporre ai fedeli di Maometto (ricordiamo, tra gli altri, anche il caso di Roberto Calderoli, sposatosi con rito celtico in mezzo ad un bosco per poi tramutarsi in tradizionalista cattolico convinto dopo il 2001) .

Ateo devoto e non cristiano, Allam è quindi sprovvisto di quel carico valoriale e di quell’allergia sensoriale naturale conseguenza della genuina condivisione del dettato del Nazareno

“Se solo il buon Magdi, si ricordasse di essere lui stesso un immigrato, e che se le frontiere fossero realmente chiuse, oggi lui stesso sarebbe tra coloro che scappano da guerre, carestie, morte e miseria per cercare un minimo di dignità in un altro paese”

Fecondazione eterologa:La Corte Costituzionale e quella sentenza che ha consegnato alla storia la Decima Crociata.Quando il Duemila trovò il suo inizio nel Medioevo.

Lo scontro tra civiltà proposto e prodotto dagli attentati dell’11 settembre 2001 collocò, nell’immaginario collettivo e nella mitologia mediatica, la Chiesa cattolica nella posizione di baluardo bimillenario a difesa di quella che veniva ritenuta una minaccia da parte del mondo islamico (in particolare, arabo). “Opinion makers” ed “influencers” tuonavano contro l’Islam, invocando la Croce come antidoto per scongiurare la contaminazione con una cultura incapsulata nello stereotipo più respingente, e l’esplosione dei cosiddetti “atei devoti” si poneva quale emblema di questo nuova fase di intolleranza a metà tra il maccartismo ed il razzismo di stampo più classico. La poderosa ondata emozionale generata pochi anni dopo dalla morte di Karol Wojtyła fece il resto, trainando la popolarità e l’influenza del Vaticano nella sua fase più acuta, in Italia, dal 1870 (se non dal 1814).

E’ in questo particolare segmento contestuale che va incastonata la bocciatura astensionista dei quesiti referendari sulla fecondazione eterologa e la ricerca sulle cellule staminali (2005). Le gerarchie ecclesiastiche seppero mettere in campo tutto il loro potenziale mediatico e politico, forti di un incondizionato appoggio che giungeva, trasversalmente, dal mondo dei partiti come da quello della cultura ed, in primis, della società civile, anestetizzata, per l’appunto, dalla retorica anti-islamica oltranzista e dal sentimentalismo più agiografico alimentato dal decesso di Giovanni Paolo II (lo slogan “Santo subito” si fissa come chiave di lettura di questo “frame” storico). Con la sua decisione, la Corte Costituzionale è intervenuta, ancora una volta, a correggere un’anomalia (il tentativo di ingerenza nella sfera più intima e personale del singolo) frutto di una sostanziale immaturità civile del cittadino e delle forze politiche nazionali.

Nota: La Chiesa, tuttavia, non seppe capitalizzare il consenso regalatole dalla speciale congiuntura storica di quella prima fase del secondo millennio; sconfessando una “way of strategy” da sempre attenta e misurata , si produsse in una politica di ingerenza sempre più marcata e contaminante, facendo irruzione con aggressività ed altero disprezzo del dissenso in ogni ambito della vita pubblica italiana, fornendo indicazioni di voto ad ogni consultazione elettorale e referendaria, imbastendo politiche censorie nei confronti della satira (quest’ultima è tradizionalmente la più improvvida delle scelte per qualsiasi attore della comunicazione) e confezionando uscite dai forti accenti reazionari in special modo nei confronti della comunità LGBT. Si sentiva, insomma, padrona del territorio, pur senza esserlo. La successiva emersione degli scandali internazionali legati alla pedofilia, il caso Claps (gestiti in modo del tutto sbagliato, con tentativi di insabbiamento e nessuna attenzione verso le vittime), la crisi economica (la quale fece emergere le contraddizioni di un’ istituzione a vocazione umanitaria cinta di opulenza ed alleggerita dai pesanti carichi fiscali che invece opprimevano il cittadino comune) e l’elezione di Joseph Ratzinger al soglio pontificio (il confronto tra lui, ulrtanconservatore antimediatico ed il suo predecessore, fu deflagrante), depauperarono il tesoro in termini di credibilità e simpatia accumulato dal Vaticano, esponendolo alla reazione degli avversari e dando la stura ad una parabola declinante che nemmeno la strategica elezione dell’ottimo Bergoglio sembra riuscire ad invertire.

“L’argomento migliore contro la democrazia è una conversazione di soli cinque
minuti con l’elettore medio”. Winston Churchill (attribuita).

Sutor, ne ultra crepidam. Ancora.

Odifreddi dovrebbe limitarsi a ciò che meglio sa fare: il matematico. L’irruzione, affannosa, affannata e scomposta, in perimetri disciplinari (vedi la storia e la storiografia) sideralmente distanti dal suo e in merito ai quali non possiede le più basilari cognizioni e metodologie di analisi, lo espone a fin troppo facili affondi, mortificandone l’intelletto e la dignità pubblica. Al pari di quello, incondizionato, per la fede ed il suo mistero, risibile e fragile è ed appare il fanatismo per la ratio, armato soltanto della misconoscenza del condizionale.(Chi scrive è un agnostico-determinista.)

Adesso attendiamo scriva un libro sull’Islam, uno di storia controrisorgimentale ed un romanzo revisionistico sulla Resistenza e siamo a cavallo.

P.S: purtroppo, la “tuttologia” è un male che si nutre delle tossine del prestigio mediatico.

Islam e violenza: dove sbaglia la sinistra

Tra le (molte) cause del declino (temporaneo?) della porzione più radicale della sinistra nazionale, figura senza dubbio la brusca “sterzata” a favore delle teocrazie islamiche. Questo atteggiamento è frutto di una strategia che, per quanto stolida, antistorica e sucida, risponde ad un criterio molto preciso e definito: nell’attuale segmento temporale, i regimi della Mezzaluna vivono infatti una forte contrapposizione con l’Occidente, gli USA e la NATO (dopo la contiguità con il Nazi-Fascismo nella prima parte del secolo scorso), di conseguenza vengono percepiti come alleati in una causa comune, secondo il principio de “il nemico del mio nemico è mio amico”. Un simile , sconclusionato “modus cogitandi atque operandi”, ha lasciato e lascia preda dello smarrimento e della costernazione i marxisti più ortodossi ( e non solo); nelle teocrazie di stampo islamico, infatti e ad esempio, i partiti comunisti sono vietati, i comunisti perseguitati e l’ architettura ideologica, sociale, culturale ed istituzionale di quei paesi contrasta in modo stridente con i principi base dell’ideologo di Treviri (in questo caso il materialismo storico) e con il portato del movimento comunista internazionale 900esco (in questo caso la parità di genere). Nella DDR (il Paese socialista che forse più di ogni altro seppe avvicinarsi al Comunismo, almeno dal 1924), venivano incoraggiati il nudismo, i rapporti prematrimoniali, quelli adolescenziali e l’aborto non aveva vincoli di alcun genere, proprio nel tentativo di far crollare i tabu arcaici e borghesi che ingabbiavano la figura femminile, impedendone la totale e piena emancipazione (si legga il sociologo tedesco-orientale Kurt Starke e lo si confronti con il sovietico T.S. Atarov). Cose ben lontane da burka, frustate ed infibulazione. “Ogni cuoca deve imparare a governare lo stato” – Vladimir Il’ič Ul’janov.

Ciao, mamma guarda come mi converto. A pensar male si fa peccato, ma molto spesso..

Dalle colonne del “Giornale”, Magdi Cristiano Allam ci ha deliziati con una nuova prodezza ginnico-spiritu­ale, un salto carpiato con avvitamento doppio, anzi, triplo, che lo ha riportato fuori dal circuito cristiano-catto­lico istituzionale. “La mia conversione al cattolicesimo la considero conclusa”, ha dichiarato Allam. Motivazione? A suo dire, la Chiesa Romana sarebbe colpevole di un eccessivo “appeasement” con le altre confessioni e, in particolare, con l’Islam (ah, i bei tempi dei massacri in nome della Croce!). Agli occhi dell’osservator­e più evoluto ed attento, non potrà non apparire singolare il fatto che un giornalista come Allam sia potuto approdare alla vicedirezione del quotidiano più importante del Paese ed essere accreditato come uno tra gli “opinion makers” più illustri, sempre in prima fila nelle tribune politiche televisive che avevano come tema il M.O e la politica estera italiana. E questo, attenzione, non già per i suoi orientamenti “tout court” (non c’è nulla di male nell’essere conservatori) ma per l’estremo semplicismo del suo impianto teorico, peculiarmente bicromatico, manicheo, a trazione banalizzante. Una questione di metodo, quindi, non di merito. Ora, non è un mistero che gli USA ed altre grandi potenze facciano ricorso da un secolo ad agenzie di Public Relations (come la “Hill & Knowlton” o la “Ruder & Finn”) e/­o ad associazioni denominate “think tank” per orientare la pubblica opinione, e questo in virù del supporto di editori, giornalisti, opinion makers, e via dicendo. Stessa cosa dicasi per i loro servizi di intelligence, che anche nel nostro Paese hanno saputo arruolare alla bisogna le penne del giornalismo nazionale allo scopo di esercitare un forcing sui lettori-ascoltator­i-elettori (Ferrara, Farina, Gawronski, i nomi più noti). Quello di Allam si presenta, però, come un caso molto singolare, diverso, inedito e proprio per questo particolarmente­ ghiotto agli occhi di chi desideri mettersi alla guida della macchina del fango anti-araba ed anti-islamica; Allam è un arabo, un ex musulmano, un convertito. In questo caso, ecco che entra in campo un asse fondamentale dell’ edificio propagandistico­, quello che Ragnedda codifica con il nome di “Garanzia”. Chi, infatti, più di un ex seguace di Maometto, di un egiziano, può conoscere, può GARANTIRE il “male” e l'”arretratezza­” di quel “turpe” mondo che i “nostri ragazzi” e i nostri politici stanno combattendo? Tanto che il Nostro non si limita al solo ruolo di “agit pro”, ma arriva persino a spogliarsi del suo passato, a “mondarsi” delle sue origini e sceglie di farlo platealmente, rumorosamente, tramite l’acqua benedetta dal Santo Padre in persona. Elucubrazioni mentali? Dietrologie sulla scia chimica? Forse, ma intanto il nuovo “strappo” dell’egiziano arriva all’indomani della riapertura all’Islam da parte del nuovo Pontefice, quel Bergoglio medio-progressi­sta e patristico che poco piace all’intellighen­zia conservatrice. A pensar male…