Salvate il postatore Donald

Al di là del giudizio politico su Donald Trump, bannarlo dai social e cancellarne i post (come l’ultimo dall’account presidenziale, in cui si limitava soltanto a criticare la decisione dei vertici di Twitter nei suoi confronti), appare alquanto discutibile, rischiando di creare un precedente insidioso.
Se per anni è stato infatti consentito ai diffusori di fake news di agire pressoché indisturbati ritenendo illiberale una loro censura, e questo sulla base di una speculazione quasi filosofica sul limes tra “realtà” e “verità”, stabilire e definire, tramite un’interpretazione soggettiva (dei vertici di un social network) cosa sia potenzialmente pericoloso per la democrazia, è ancor più temerario e velleitario.


“The Donald” può non piacere, ma la libertà si difende in molti modi. Non solo cacciando i “bufali” dal Campidoglio.
Pubblicità

Appunti di comunicazione – Ti odio perché non ti conosco

(Di CatReporter79)

Elaborata nel 1978 da Guy Woodruff e David Premack, la “Teoria della mente”(“ToM”, dall’inglese Theory of Mind) indica la capacità di immedesimarsi nell’Altro, di capire stati mentali e comportamenti diversi dai nostri.

Oggi, il web e soprattutto i social rischiano di indebolire questo strumento alla base dell’empatia, “chiudendo” le persone in spazi isolati, in “camere dell’eco”, attraverso meccanismi come i feed algoritmici, i “dark post” o le “filter bubbles”.

In politica, ciò vuol dire considerare sempre più alieno, strambo e pericoloso chi è diverso da noi, esposto a sollecitazioni che vede solo lui e che a noi sono inibite. Anche qui, forse, sta uno dei motivi del riacutizzarsi dello scontro, del progressivo imbarbarimento del confronto con idee che non sono le nostre.