Appunti di storia -Via Fani, 40 anni dopo

(Di CatReporter79)

Moro e gli USA: una prospettiva diversa

Alla fine degli anni ’70, il vice-ambasciatore americano in Italia, Allen Holmes, stilò per il dipartimento di Stato di Washington un rapporto di undici pagine intitolato “A disserting view of american policy in Italy”.

Nel documento, il diplomatico criticava la chiusura mostrata verso il PCI dal suo Paese negli ultimi anni; per Holmes, era invece necessario coinvolgere anche i comunisti nel governo italiano, alla luce della svolta democratica promossa da Enrico Berlinguer.

Secondo una linea condivisa da Aldo Moro e dallo stesso Andreotti, un eventuale partecipazione del PCI nell’esecutivo aveva anche lo scopo di evitare un asse con il PSI, il PRI e il PSDI, che avrebbe garantito alle sinistre un controllo totale del Parlamento.

Sebbene non fossero mancati attriti tra Moro e gli USA (celebre a tal proposito uno scontro tra lui e Kissinger nel 1974), come abbiamo visto la postura di Washington nei riguardi di Botteghe Oscure e della politica dello statista democristiano subì un mutamento significativo. Si tratta di un elemento di notevole importanza storica, che contribuisce a indebolire la mitologia che vuole i fatti del marzo-maggio 1978 come una macchinazione ordita dagli Stati Uniti per scongiurare l’accesso del PCI alle “stanze dei bottoni” del nostro Paese.

Nella foto: Henry Kissinger e Aldo Moro

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Buonanotte, notte. Bellocchio, Moro e la costruzione del pathos

Di notevole urto emotivo, adrenalinico, trascinante ed astuto. “Buongiorno Notte” di Marco Bellocchio presenta tuttavia una manomissione della ricostruzione storica che , seppur irrilevante dal punto di vista narrativo e cronistico, appare intollerabile sotto il profilo etico e morale.

Nel’esposizione bellocchiana, lo spettatore assiste alla vicenda del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro attraverso gli occhi di uno dei suoi carcerieri, la brigatista Anna Laura Braghetti; ebbene, il regista si sofferma in modo particolare sui (presunti) sensi di colpa e sulle (presunte) esitazioni che i (presunti) meccanismi frenanti dell’impianto morale della terrorista avrebbero messo in atto, portandola quasi sul punto di liberare il suo “prigioniero”. Ma Bellocchio si spinge oltre, arrivando a mostrarci la “scarcerazione” dell’ex Presidente del Consiglio e la sua uscita in strada, sotto la pioggia (in uno scaltro ammiccamento all’evasione di Andy Dufresne ed al suo “bagno purificatore” sotto il diluvio del Maine) in un crescendo di cromatismi emotivi e sotto lo sguardo commosso della terrorista. Si tratta di una soluzione capziosa perché collocata e collocabile, ancora una volta, nel “point of view” di quella che nella realtà dei fatti fu la sua carnefice, come a voler“confondere” il giudizio dello spettatore sulla vicenda, sovrapponendo alla durezza del vero un’ immagine ad elevatissima carica sentimentale nonché decisamente più accettabile e spendibile sotto il profilo etico.

Nemmeno l’osservatore più scrupoloso ed attento può sapere o potrà verificare che cosa, di fatto, albergasse nei tessuti emotivi più intimi e profondi della Braghetti, ma il portato documentale (quindi il dato più affidabile perché accertabile) ci consegna una storia ben diversa, una storia fatta di 55 giorni di detenzione forzata in un covo grande come un ripostiglio, ci racconta dello sterminio di una scorta di giovani agenti di polizia (figli, mariti e padri), ci racconta le umiliazioni, gli sputi e gli insulti ad un anziano ferito, e, soprattutto, ci racconta di quei sette proiettili calibro 32 Winchester che Anna Laura Braghetti, propostaci da Bellocchio come gravida di torsioni emozionali di ogni ordine e grado, esplose sul volto di un timido professore universitario, Vittorio Bachelet, mentre questi chiedeva di venire risparmiato “proteggendosi” con le buste della spesa. Questo nuovo fatto di sangue sconvolse l’Italia nemmeno due anni dopo il delitto Moro; si ricava quindi il ritratto di un sicario a sangue freddo più che di una giovane timida e sprovveduta in balia delle paure e dei rimorsi.

Perchè questa alterazione? Le motivazioni possono essere varie e variegate: chi scrive ne ha individuate due, in particolare.

1. il tentativo di “alleggerire” dal peso di una colpa terribile ed eticamente non negoziabile quello che, de facto, era un segmento (sebbene minoritario ed imbizzarrito) della sinistra, la comunità ideologico-politica di cui fa parte il cineasta di Bobbio

2: l’impostazione culturale di riferimento, che espelle dalla propria architettura normativo-pedagogica l’idea della violenza femminile, confinandola nell’immagine stilizzata di un’anomalia sociale di derivazione altra ed antitetica. La nostra società non è ancora pronta a fare i conti con l’idea di una parità piena ed amplipensante, anche nei segmenti più bui dell’azione femminile, ma si presenta ancora ripiegata su un politically correct risarcitorio e compensatorio nei confronti della donna.

E’ questo il liquido amniotico nel quale trova vita e sviluppo la manomissione bellocchiana.

Non avrebbe mai immaginato, l’Onorevole Moro, quando rischiava la vita contro il nazi-fascismo, quando scriveva una delle carte costituzionali più avanzate di ogni tempo (con il contributo dei monarchici come dei marxisti-leninisti), quando difendeva la democrazia, ancora ed ancora, quando lavorava per l’inclusione delle proposte della socialdemocrazia nelle progettualità governative, che chi non era ancora nato, quelle future generazioni per le quali si batteva, quei ragazzi che lui aveva fatto nascere nel benessere e nell diritto, si sarebbero spinti fino a schiacciare la sua libertà, la sua dignità, la sua vita.

Aldo Moro, classe 1916.

Oreste Leonardi, Raffaele Jozzino, Francesco Zizzi, Giulio Rivera, Domenico Ricci.

Buongiorno, Storia.