Caduta Draghi: la sinistra, il caro nemico e il fascino di quell’eterna “resistenza”

Un secolo di sconfitte ha plasmato il DNA di una certa sinistra, rendendola oppositiva per principio, “contro” e non “per”, orientandola cioè a preferire l’opposizione al governo, a vedere nella protesta in quanto tale la propria dimensione, la propria fonte di energia. Una rivoluzione ed uno scollamento rispetto agli stessi indirizzi socialisti.

Ecco perché, oggi, quella sinistra festeggia la caduta di Draghi, pur sapendo che a breve sarà quasi certamente un centro-destra a guida meloniana ad avere le chiavi del Paese.

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Draghi, Johnson e i “teneri” illusi

I Paesi occidentali sono inseriti in sistemi di alleanze e di equilibrio rigidissimi e consolidati, dei quali le cancellerie più importanti sono i massimi custodi. Fa quindi sorridere l’ingenuità di chi, da Medvedev al semplice cittadino, è convinto che la caduta di Johnson o quella (eventuale) di Draghi rivoluzioneranno le linee-guida di Londra e Roma.

Se c’è una cosa in cui ha ragione il “complottismo” (al netto dei suoi eccessi), è l’esistenza di un sistema di potere dominante, nel bene o nel male, al di là del colore dei governi.

Un Capitano in trappola?

Facendo entrare la Lega (e FI) nel governo Draghi, il blocco giallo-rosso ha ottenuto il duplice vantaggio di battersi con un’opposizone meno coesa e di indebolire il Carroccio (e FI), in calo nei sondaggi dopo tre mesi al servizio di un esecutivo forse ancor più “chiusurista” del precedente. Questo in un momento storico che vedeva il centro-destra destinato, nonostante alcuni errori, a sconfiggere gli avversari con percentuali bulgare alle prossime elezioni.

Non è dunque da escludere che Salvini sia stato attirato in un “tranello”, magari con la promessa di poter indirizzare le risorse del Recovery Fund alla sua platea elettorale. Un disegno che potrebbe avere anche una regia estera, se si immaginano l’effetto e le conseguenze, non solo in Italia, della vittoria travolgente di una formazione con la Lega e FdI come soci di maggioranza.

Se così fosse, resterebbe tuttavia da capire quale sarà il destino dei voti perduti dai leghisti. Una parte andrà e sta andando con la Meloni mentre un’altra finirà nell’astensione. Ma quanti? A differenza dell’elettore medio di centro-sinistra, quello di centro-destra sente infatti meno la militanza e tende a disertare le urne se un progetto non lo convince.

Di contro, FdI potrebbe però guadagnare i consensi di molti elettori potenziali ma inattivi di centro-destra al di là della Lega, scombinando all’ultimo minuto i piani degli avversari.