La prima detonazione atomica cinese, nell’aprile 1964, rappresentò un vero e proprio schock per l’amministrazione Johnson, orientata (come la precedente) alla stabilizzazione del rapporto con l’URSS nei termini del consolidamento e del mantenimento dell’equilibrio nucleare. A tal proposito, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale McGeorge Bundy disse che la “bomba” maoista era “l’ unica, più grande minaccia allo status quo nei prossimi anni”.

Per questo motivo, un mese prima del test Lyndon Johnson aveva inviato* all’ambasciatore sovietico negli Stati Uniti Anatoly Dobrynin la proposta di un attacco congiunto americano-sovietico contro le installazioni nucleari cinesi. Idea bocciata dal diplomatico (il quale aveva risposto che la capacità nucleare della RPC era ormai una “conclusione scontata”) nonostante le fortissime tensioni tra Mosca e Pechino, destinate da lì a pochi anni a sfociare in un conflitto armato, sebbene limitato e circoscritto.
Già un anno prima, per la precisione nell’estate 1963, l’amministrazione Kennedy aveva recapitato la stessa proposta ai sovietici, tramite l’ambasciatore a Mosca Averell Harriman.
La Cina divenne così la quinta potenza nucleare, in un momento storico che vedeva quasi tutti i Paesi di una certa importanza (Germania Ovest e Italia comprese) cercare di dotarsi di un proprio arsenale atomico.
*sempre tramite Bundy