
Con la mobilitazione parziale, Vladimir Putin ammette in modo pubblico ed eclatante le drammatiche difficoltà nello scenario ucraino, cosa che infligge un colpo di inaudita potenza al “mito” russo ed al suo, e va incontro a due grandi incognite. Una politica, ossia il malcontento e le proteste di una popolazione che non è più quella dei secoli scorsi e nemmeno è chiamata a difendere Leningrado da Hitler (e qui lo “Zar” e i sui ammiratori e sostenitori esterni mostrano tutto l’anacronismo della loro impostazione) ed una militare, poiché non è detto che questa mossa assicurerà la vittoria finale a Mosca, sia per le difficoltà di mobilitare, preparare ed armare altre centinaia di migliaia di uomini, sia perché adesso Kiev riceverà di sicuro maggiori e ulteriori rinforzi.
Nell’immediatezza, il leader del Kremlino coglie tuttavia un risultato innegabile e tangibile, cioè aver spaventato l’opinione pubblica e parte dell’infomazione dei paesi “avversarsi”.
La combo mobilitazione parziale-(ennesime) minacce nucleari ha infatti un indubbio potere suggestivo, ma anche stavolta l’analisi razionale ne svelerà il bluff di fondo. Se infatti l’uso di armi nucleari tattiche è sostanzialmente inutile contro le forze armate ucraine, che non si muovono in massa e in blocco e su scenari aperti né sono protette da bunker o fortezze altrimenti inespugnabili, attaccare direttamente la NATO e l’Occidente causerebbe la fine della Russia come la conosciamo oggi, cosa che né Putin né i suoi vertici politico-militari vogliono; anche in questo caso si entra nel terreno della propaganda, perché il presidente russo potrà essersi dimostrato superficiale sottovalutando le controparte, è senza dubbio figura opaca, discussa e discutibile, ma non è un “pazzo”, e da febbraio lo ha dimostrato stando ben attento a non avvicinarsi neanche lontanamente alla “linea rossa”*. A lui conviene solo far credere di esserlo, ed ai suoi collaboratori, consulenti e “aficionados” conviene far credere lo sia, e in un certo senso sta dunque facendo sua quella “Maman Theory” resa famosa da Richard Nixon mezzo secolo fa. Non è, non sono, vessilliferi e cultori del mito della caduta come i nazisti, non sono filosofi nichilisti. Sono pingui miliardari che fanno vivere e studiare i figli da noi, che trascorrono le vacanze da noi. Pure se i territori occupati fossero annessi a Mosca con un referendum truccato, un attacco al loro territorio non comporterebbe in automatico una risposta nucleare, come non l’hanno provocata i numerosi e reiterati attacchi a Crimea e Belgorod.
Non è quindi da escludere, insomma, che anche questa sia, o sia in maggior misura, l’ennesima operazione di pressione psicologica (PsyOps), per impaurire il cittadino occidentale destabilizzandone così i governi.
Ma cosa succederà, allora? Nel futuro lo scenario forse più probabile è quello che vede una prosecuzione dello stallo attuale, fino alla morte di Putin o fino a quando sarà costretto a cedere il potere, magari non in maniera traumatica per non aggravare la situazione del Paese, ma in cambio di un salvacondotto (prassi abbastanza comune a Mosca). A quel punto, uno nuova leadership potrà trattare più liberamente con il nemico, che sarà reso più malleabile dai suoi stessi alleati.
*analizzando i suoi discorsi e quelli dei suoi vertici, potremmo del resto notare come essi parlino spesso di futuro della Russia e di difesa e tutela del suo benessere, il che nega ed esclude implicitamente un ricorso al nucleare