« Così come la Russia è fredda e bianca, il Caucaso è tiepido e verde. Gli orizzonti sterminati, la malinconia affliggente della Siberia – paesaggio ancestrale dell’uomo russo – cercano inconsapevolmente – così come ognuno va alla ricerca di ciò che Jung chiamava la propria “parte ombra” – il chiuso delle montagne, l’asprezza dei cespugli che crescono sulle rocce , l’insinuarsi dei torrenti tra le colline. Di nuovo, il Caucaso si configura come grande smentita e come grande conferma. Da una parte, cioè, spezza l’equivalenza che solo ciò che è grande è bello, dall’altra lascia intendere che se coinvolto, se inglobato, può diventare estensione della grandezza russa e completamento della sua bellezza. Per questo la partecipazione del Caucaso all’integrità territoriale russa è considerata indispensabile, più del Tatarstan o di altri territori, perché senza il Caucaso la Russia perderebbe un carattere diverso non omogeneo alla sua identità e sarebbe non tanto più piccola – di pochissimo, viste le dimensioni delle repubblichine nordcaucasiche – ma soprattutto più povera, meno variegata.»
Una visione suggestiva, quella della giornalista italiana Francesca Sforza, alla quale se ne accompagna un’altra, forse più “pragmatica”: « Nell’immagine del ceceno rozzo, selvaggio, renitente alla vita civile (immagine che in cuor suo ogni russo accredita per buona) c’è un tratto consustanziale alla stessa identità russa. Di fronte al ceceno, e più in generale ai popoli caucasici, il russo si sente infatti pienamente europeo. Quell’imbarazzo, quell’ingiustificato sentimento di inadegatuezza che tanti russi possono provare in una stazione balneare frequentata da francesi o belgi o in una cena dopo il lavoro con colleghi tedeschi, si dissolve immediatamente se al posto di quei francesi, begi e tedesci ci sono georgiani, daghestani od osseti. E la cosa è assolutamente indipendente dal livello sociale degli interlocutori: un francese maleducato e ignorante è in grado di mettere in soggezione un russo molto più di un autorevole e brillante georgiano. »
Da un lato abbiamo quindi uno dei motivi, stavolta non più e non solo di carattere strategico, della presa di Mosca sul Caucaso, dall’altra (ma lo spiegava in un certo senso già Tolstòj) vediamo come l’ “anima russa” guardi all’Occidente, all’Europa. Il perno culturale e politico del Paese, le sue metropoli, sono non a caso nella Russia Europea, dove ebbe origine anche l’elemento etnico russo. Un legame allentatosi a partire dalla fase sovietica ma destinato a rinsaldarsi, in futuro