Missile che abbaia non morde: la “brinkmanship”.

“L’abilità di andare fino all’estremo senza entrare in guerra è l’arte necessaria. Se tenti di ritrarti, se temi di andare fin sull’orlo del precipizio, sei perduto. Dovremmo guardarlo in faccia”; così il Segretario di Stato americano John Foster Dulles nel 1956, ad un giornalista che gli chiedeva in quali situazioni gli USA pensassero all’utilizzo di armi nucleari. Era la cosiddetta “brinkmanship”.

Si tratta, nello specifico, di una pratica di pressione psicologica antica ma divenuta famosa durante la Guerra Fredda, quando sia Washington che Mosca vi ricorrevano per ottenere un risultato spingendo situazioni critiche fino ai bordi della “linea rossa” (con esercitazioni militari, movimenti di truppe, minacce, progettazione di nuove armi micidiali, ecc) di ma di fatto senza volerla calpestare ed oltrepassare mai*.

Oggi, nel teatro ucraino, la “brinkmanship” è tornata protagonista nella politica e nella comunicazione del blocco atlantico e (soprattutto) del Kremlino, ma come abbiamo detto non è niente più che un gioco di prestigio, un mostrare i “funghi” proprio per non doverli cucinare e mettere in tavola.

*potrebbe essere considerata una sua “evoluzione” la “Teoria del pazzo” nixoniana

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