In alcuni contributi precedenti era stata analizzata l’importanza dell’immagine nella politica e nella propaganda, dalle fasi più antiche della storia fino ai giorni nostri. Dal mito greco del “καλὸς καὶ ἀγαθός” alle rappresentazioni degli imperatori romani nel fulgore di un’avvenenza perfetta in realtà inesistente, la fisicità ha sempre costituito un elemento apicale nel modo di essere dell’uomo pubblico e politico, ma è soltanto con l’irruzione dei media audiovisivi che essa si trasforma in un pivot decisivo nelle tecniche di autopromozione (in maggior misura per le forze di tipo populistico e demagogico).
Ecco, ad esempio, che “il corpo del capo” diventa la sottolineatura del muscolarismo-machismo non soltanto di un leader ma anche di un’ideologia (Mussolini). Per “immagine”, tuttavia, non si dovrà intendere la corporeità in senso stretto e limitante ma anche l’insieme di tutti gli ingredienti che realizzano l’involucro del personaggio, “dalla “voce del capo” (Hitler) all’ “abito del capo”, quest’ultimo un aspetto sempre più fondamentale.
Le foto di sé con indosso la mascherina che Zingaretti pubblica sui social con grande frequenza (lo fanno anche altri politici) hanno lo scopo di mostrarlo responsabile e allo stesso tempo battagliero, in prima linea contro l’emergenza. Nel suo caso, è bene ricordalo, interviene pure la necessità di far dimenticare di averla clamorosamente sottovalutata, nelle sue fasi iniziali.
La mascherina prende quindi il posto di un elmo, ma idealmente rappresenta anche il resto dell’armatura, spada compresa. Zingaretti è un guerriero, che combatte per la sua regione e il suo paese, che si è rialzato dopo essere stato ferito. Per questo il tema Covid occupa gran parte della sua comunicazione, come di quella degli altri leader “giallo-rossi”. Di nuovo e concludendo, la mascherina ha anche la funzione di rimarcare una differenza rispetto a rivali come Salvini, che invece (seguendo una scelta diversa ma altrettanto studiata ed elaborata) decidono spesso di farne a meno.
Approfondimento:
Si tratta in ogni caso di una scelta comunicativa tipica sopratutto del leader “agentico”, mentre uno Zingaretti è forse un leader più vicino al modello “cooperativo”
Secondo lo psicologo ed esperto di comunicazione statunitense David Bakan, tra gli aspetti del leaderismo ci sono l’ “agentività” (agency) e la “cooperatività” (communion).
Il leader che adotta uno stile “agentico” tenderà ad essere individualista, ambizioso, creativo, orientato al risultato e all’espansione di sé
Il leader cooperativo sarà invece più attento al gruppo e propenso al gioco di squadra.
Come suggerito da un altro studioso, James David Barber, occorre tuttavia fare attenzione a non confondere la “cooperaritvità” con la mancanza di personalità (errore invece molto comune); nel leader “cooperativo” l’energia caratteriale è infatti semplicemente meno esibita, ma non per questo meno forte ed incisiva