Quando nel 1914 l’Impero Russo venne coinvolto nelle ostilità con la Germania guglielmina e l’Austria-Ungheria, Vladimir Il’ič Ul’janov, detto Lenin, definì l’evento come “il più grande regalo che Nicola II potesse farci”, sottintendendo che, in questo modo, la Russia sarebbe scivolata in una situazione di crisi irreversibile che avrebbe favorito il trionfo della rivoluzione comunista. Così fu.
Secondo Lenin, l’attacco allo “status quo” doveva infatti essere scientifico, sostenuto da condizioni favorevoli e seguire un percorso preciso ed obiettivi precisi.
Colpire vetrine, automobili ed esercizi commerciali, danneggiando persone comuni (lavoratori, pensionati, studenti, ecc) non è soltanto ributtante da un punto di vista etico ma è anche un catastrofico errore sotto il profilo strategico. Questo perché l’azione ”rivoluzionaria” si rivolgerà contro obiettivi (in realtà non-obiettivi) sbagliati e perché la comune indignazione suscitata da simili atti andrà ad avvantaggiare proprio gli Attori che si vogliono contestare e combattere.
Chi, all’interno della sinistra massimalista, si rende complice di tali scorrerie o le giustifica, dimostrerà così di non conoscere proprio le basi dell’ideologia in nome della quale dice di combattere.