A mettere a rischio la credibilità e l’esistenza stessa della moneta unica e delle istituzioni comunitarie così come le conosciamo oggi, non soltanto l’irrazionale politica rigorista voluta ed imposta dalle nazioni più “virtuose” ma anche la loro scelta comunicativa.
La battuta del Cancelliere tedesco sui paesi che “devono fare i compiti”, riferita al “non possumus” francese sul limite del 3% tra deficit e Pil, non è, infatti, che l’ultima di una lunga serie di incursioni al limite del buongusto e del buonsenso (cui si aggiungono le minacce, continue e reiterate, della BCE sulla volubilità dei mercati e della loro fiducia). Una simile pedanteria didascalica ed una simile arroganza non possono trovare spazio nel confronto diplomatico, come non possono trovare spazio in un circuito nato e sviluppato per essere unione di uomini, popoli e idee, prima ancora che di monete e mercati.
Penalizzata dal suo passato recente, la Germania è, inoltre, meno di ogni altro nella condizione di potersi concedere simili prepotenze; il rischio è e sarà, infatti, quello di riaprire ferite mai del tutto cicatrizzate (si veda la richiesta greca per il risarcimento dei danni causati dall’invasione nazista), dissipando così gli sforzi di decenni e facendo tornare la lancetta della storia pericolosamente indietro.
Le scienze storiche ci insegnano che nessuna acquisizione è irreversibile ed immodificabile; questo vale anche per l’Euro e la UE, e commetterebbe un errore grave colui il quale non voglia rendersene conto