Secondo l’ultimo bilancio diffuso dall’Onu, dall’inizio dell’offensiva dei combattenti sunniti, partita da Fallujah (ovest) lo scorso gennaio, in Iraq almeno 5576 civili sono stati uccisi, di cui 2400 nel solo mese di giugno, e altri 11.662 sono rimasti feriti.
Morti che non fanno rumore. Morti di seconda fascia, evidentemente, che non meritano copertine, slogan, comitati, indignazione. Come i cristiani; marchiati, crocifissi, torturati, rapinati solo per la loro fede.
Vittime, in ultima analisi, anche del silenzio assordante del pacifismo geografico e di maniera, frutto maligno del furore ideologico, del non sapere, della paura di sapere.
A dire il vero i pacifisti 10 anni fa furono gli unici ad essere concretamente contro l’invasione dell’Iraq. La situazione odierna è frutto della guerra che l’Occidente e la Nato s’inventarono per abbattere Saddam, il cui vice era cristiano! Quindi, invece, di accusare i pacifisti bisogna riconoscere loro che avevano ragione: Bush e company hanno esportato la democrazia in Iraq e queste sono le conseguenze. Col senno di poi sarebbe stato meglio obbligare Saddam a riconoscere l’autonomia ai curdi, vere vittime del fu regime iracheno. Infine è un bene che Assad in Siria stia resistendo: i Baath nei paesi arabi sono l’unica opzione per frenare e limitare gli integralisti idsamici.