Il debunking e quelle statistiche buone solo quando fanno comodo

Nonostante da marzo-aprile molte e forse troppe cose siamo cambiate (curiamo meglio i malati, sono aumentati i tamponi, abbiamo il tracciamento, l’età media dei contagiati e la mortalità si sono abbassate, forse il virus ha un comportamento diverso, ecc), il paragone con la scorsa primavera viene fatto con frequenza sia dai più “ottimisti” (per evidenziare come per loro la situazione sia nettamente migliorata) sia dai più “prudenti” (per evidenziare come per loro la situazione sia ancora molto pericolosa) e dai giornalisti, spesso più concentrati sulla ricerca di titoli e notizie ad effetto che sul proporre un’informazione puntuale e lucida.


Tuttavia, un noto sito di debunking ha “bacchettato”, in un articolo uscito oggi, solo i primi (dando così prova di una fallacia logica nota come del “cecchino texano”), accusandoli di leggere i dati in modo arbitrario e di minimizzare il problema infondendo false sicurezze. Il tutto, condito dalle immancabili accuse di “negazonismo” (?) e di italianomedismo (c’è dunque anche un sottofondo di razzismo e classismo).Non è purtroppo il primo caso del genere, a dimostrazione di come anche il debunking, che dovrebbe fare dell’analisi razionale la propria bussola e la propria ragion d’essere, tenda a scivolare, almeno in questa circostanza, nella polarizzazione (emotiva o politica e ideologica che sia), venendo meno ai propri compiti e doveri.

Nota: il sito in questione non è uno spazio di informazione scienfica né il pezzo era supportato da evidenze scientifiche. Tra l’altro nell’articolo viene usata la foto di un calcolo fatto a mano, proprio per delegittimare ulteriormente il bersaglio.
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