Muro di Berlino e Guerra Fredda: irrazionalità di un rimpianto

Berlinermauer“Nell’avvicinarsi del terzo millennio l’umanità è costretta a valutare senza timore e lucidamente un grande numero di problemi non facili: l’esaurimento delle risorse energetiche, la fame, la povertà di decine, centinaia di milioni di uomini e dissesti ecologici che preoccupano quasi tutti in paesi, malattie antiche e anche oggi, nuove e minacciose.

Ma tutti questi e altri problemi di portata internazionale in un modo o nell’altro sono collegati con l’obiettivo dell’allontanamento della minacci della guerra nucleare. Al di fuori del movimento verso un mondo denuclearizzato e non violento, non ci sono strade verso il progresso dell’umanità. È qui la chiave per vincere le sfide che ci lancia questo nostro tempo non facile, drammatico e pieno di promesse”

Così scriveva Michail Gorbačëv nel suo libro “Perestrojka” (1988).

Nonostante il mondo fosse, e ormai da alcuni anni, in piena rivoluzione democratica e vicino all’implosione del blocco sovietico, possiamo notare come per il leader moscovita la minaccia termonucleare costituisse ancora il rischio maggiore e principale, emergendo in tutta e con tutta la sua dirompenza tra le incognite, vecchie e nuove, di quel decennio.

L’anniversario della prima breccia sul Muro di Berlino (la sua definitiva consegna alla storia sarebbe arrivata il 22 dicembre successivo) ci offre oggi l’occasione per un “flashback” a quegli anni delicati e al clima (ben delineato nel passaggio di Gorbačëv ) di angoscia e paura che li caratterizzava per il rischio di un terzo conflitto mondiale, aiutandoci così a mettere da parte qualsiasi nostalgismo per la Guerra Fredda.

Se, infatti, l’instabilità generata dai sommovimenti del 1989-1992 ha portato alla nascita di minacce nuove ed asimmetriche, non dobbiamo dimenticare come nessuna di esse possieda la capacità distruttiva di un ipotetico confronto tra NATO e Patto di Varsavia, il cui spettro non smise di incombere sul genere umano per quasi un cinquantennio.

Ogni ripiegamento verso il passato ed ogni ricostruzione agiografica che lo voglia antica garanzia di una “pax armata” tutto sommato rassicurante e provvidenziale, andranno dunque rigettati e respinti, sussulti immaturi di una “laudatio temporis acti” che non può trovare spazio nell’analisi razionale dei processi storici e geopolitici.

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