
Mettendo da parte la semplificazione (intenzionale) del concetto di “patria”, questa riflessione di Cecilia Strada è emblematica della politica e dell’identità ideologica stessa di una certa sinistra, forse non solo italiana.
Strada sta con Mosca, e non per adesione alla causa putiniana, si faccia attenzione, ma perché in questo momento storico gli avversari della Russia sono un Paese che vuole entrare nel blocco occidentale, e di conseguenza il blocco occidentale stesso. Nel tentativo di “nobilitare”, di mascherare questa postura rendendola più accettabile, cerca allora di giocare la carta del pacifismo ad oltranza (secondo lei un popolo dovrebbe lasciarsi invadere e sottomettere senza sparare un colpo nella speranza di evitare conseguenze ancor più drastiche e gravi). Un approccio tuttavia in palese contrasto con la storia della sinistra dalla quale Strada proviene, che sacralizza il ricordo della Resistenza ed ha sempre sostenuto la resistenza armata dei popoli contro gli invasori (specialmente se occidentali) e gli oppressori interni ad essi legati e sodali. Un’ incrostazione novecentesca che si va a saldare ad un’immagine novecentesca della Russia, una linea sposata, per motivi simili, anche dall’ANPI.
E se il mondo libero avesse ragionato in questo modo nel 1939?
E se invece a invadere l’Ucraina fosse stata la NATO?