Il falso mito del Craxi “sovranista”. Dalla CMC agli euromissili: le carte americane.

bucra

Travolta dall’indignazione popolare e mediatica negli anni ’90, la figura di Bettino Craxi sta godendo, negli ultimi tempi, di una rilettura del tutto nuova, non di rado troppo generosa e vicina all’agiografia, ideologica e distante dalla razionalità del vaglio scientifico quanto la precedente.

Uno dei capisaldi di questa nuova panoramica vuole il leader del Garofano emblema di un coriaceo sovranismo, soprattutto rispetto agli USA, sulla scorta dei fatti di Sigonella, anch’essi filtrati, tuttavia, da un’ottica partigiana e frettolosa, in cui il nazionalismo più grossolano diventa il focus dell’analisi interpretativa*.

A tale riguardo sarà necessario ricordare come durante la Crisi dei missili di Cuba del 1962** gli USA scelsero proprio Craxi come testa di ponte per favorire ed ultimare il passaggio (già iniziato da Pietro Nenni dopo i fatti di Budapest) del PSI dalle tradizionali posizioni anti-atlantiche ad una definitiva collocazione vicina alla DC, agli USA ed alla NATO, in modo da cementare l’asse democratico e filo-occidentale in Italia con l’innesto di Via del Corso, dopo la fine dell’epoca del “centrismo”.

In particolare, George Lister, funzionario del Dipartimento di Stato americano, in un documento indirizzato al consigliere della Casa Bianca Arthur Schlesinger presentò Craxi come un esempio “per mostrare che i socialisti sono malleabili” e “suscettibili di pressione”, un “autonomista vicino a Bensi all’estrema desta del PSI”. Ancora nel documento, Lister si sofferma sull’incontro con il futuro leader socialista: “Abbiamo speso un bel po’ di tempo insieme e ho colto l’occasione per criticare la posizione autonomista in politica estera, specialmente su Cuba. Ho sottolineato che il neutralismo non era buono abbastanza. [ ..] Craxi ha risolutamente difeso la linea ufficiale degli autonomisti, su Cuba e in generale. Tuttavia, il giorno dopo mi ha detto di aver appena parlato al telefono con i socialisti di Milano e di di aver colto l’occasione per criticare la posizione del PSI su Cuba. Pochi minuti dopo, Craxi mi ha suggerito che forse era possibile arrivare a un accordo tra noi e i socialisti, in cui questi seguirebbero la politica di solidarietà con l’Occidente e noi cercheremo di portare un governo democratico in Spagna. [ ..] Dopo che l’incontro fu finito, Craxi era piuttosto riflessivo e mi ha fatto notare di aver imparato molto. Ha spontaneamente affermato che avrebbe visto Nenni al suo ritorno i Italia e gli avrebbe detto alcune cose che aveva imparato e fornito un po’ del materiale che aveva ricevuto”.

Pochi mesi dopo, il PSI avrebbe fatto il suo primo ingresso in un governo a guida democristiana (Governo Moro I).

Un Craxi dunque ben diverso dal fiero sovranista anti-americano ed anti-atlantico presentato da alcuni segmenti della pubblicistica storiografica italiana e da un a certa vulgata, e che avrebbe proseguito nella sua linea di aderenza ai principi atlantici con l’assenso all’installazione sul nostro territorio , nel 1979 e nel 1983, dei missili americani Cruise (gli “euromissili”) puntati contro l’URSS , scelta che esponeva il nostro Paese ad una rappresaglia termonucleare del Patto di Varsavia in caso di scontro armato tra i due blocchi.

Benché gli anni di Craxi a Palazzo Chigi abbiano senza dubbio visto il ritorno, dopo il pantano degli anni ’70, ad un certo dinamismo del nostro Paese sullo scacchiere internazionale e a quel terzomondismo-arabismo strategico che ebbe negli anni ’60 (con Fanfani e Mattei) forse la sua più alta espressione, il dato storico dimostra ad ogni modo tutta l’inconsistenza e il velleitarismo di quella ricostruzione volta a rappresentare l’ex delfino di Nenni come baluardo di un autonomismo che , in ogni caso, i rigidi perimetri jaltiani avrebbero negato a Roma, soprattutto nell’era del confronto bipolare.

*Craxi lasciò andare il commando terroristico. Da qui, e non dalla decisione di affermare la giurisdizione italiana, la frattura con Washington.

** La CMC fu il banco di prova per il PSI, grazie al quale Washington fugò gli ultimi dubbi (insuperabili fino all’ottennato di Eisenhower ma venuti meno nell’era Kennedy), in merito alla fedeltà del PSI al blocco occidentale e alla fattibilità di una sua partecipazione ad un governo di larghe intese con i centristi, secondo un modello che gli USA volevano esportare anche agli altri grandi Paesi europei così da contenere le forze comuniste.

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