L’espulsione di Serenella Fucksia dal M5S rappresenta l’atto conclusivo e naturale di un rapporto, quello tra la deputata e il partito di Grillo e Casaleggio, giunto ormai da un anno ad una fase di avanzato ed insanabile logoramento.
Se, dunque, l’accusa sui mancati rendiconti è da ritenersi un alibi per estromettere un soggetto divenuto incompatibile con il Movimento (Fucksia non è l’unico parlamentare inadempiente verso il Non Statuto), la decisione della senatrice di restituire l’eccedenza della diaria durante la votazione sulla sua espulsione si presenta come un atto biasimevole e scorretto, che mette in secondo piano qualsiasi mancanza, vera o presunta, della leadership pentastellata nei suoi confronti.
Consapevole di non poter evitare il plebiscito interno contro di lei, Fucksia ha infatti cercato di “salvare” in extremis la sua immagine pubblica scaricando la colpa della sua estromissione sul partito, con un’operazione (il rendicontamento, appunto) che avrebbe potuto fare da otto mesi ma che non ha mai voluto fare.