L’emergenza legata agli esodi dall’Africa e la crisi ellenica hanno messo in ombra la nuova Guerra Fredda tra Russia e Occidente, tema fino a poche settimane fa protagonista del dibattito internazionale.
Questo spostamento del focus dell’attenzione ha fatto passare sotto silenzio anche il “turning point” attuato dal Kremlino, oggi molto più disponibile di ieri verso Washington ed alleati.
A tale “svolta” ( ancora in divenire) hanno senza dubbio contribuito e stanno contribuendo le sanzioni, che vanno a colpire un’economia già in sofferenza e in ritardo come quella russa, ma, anche e soprattutto, la scelta di un approccio più muscolare nei confronti di Mosca, da parte del più forte blocco atlantico.
L’aumento della forza militare a difesa dei Paesi baltici, da sempre minacciati dal potente vicino, ed “avvertimenti” come quello contenuto nell’ultimo Libro Bianco del Pentagono (che riferiva di un aumento dei rischi di uno scontro con Russia e Cina) rimarcano infatti quel “limes” che Mosca non deve superare ma che ha creduto, in alcune circostanze, di poter violare, forse sottovalutando le potenzialità degli avversari.
Oltre ad un assertivismo più deciso, gli USA stanno forse riesumando anche quella “Greater Fool Theory” (Teoria del Pazzo) già utilizzata con profitto in passato.