Ostile alle iniziative di piazza, l’ “everyman” nazionale tende a rispondere con un’insofferenza ancor più accentuata alle protese dei lavoratori della scuola e degli studenti. Alla base di questo atteggiamento, un ventaglio di fattori, diversi e di diversa natura ma sinergici:
-la fisionomia politico-ideologica dell’italiano “medio”, tendenzialmente conservatrice, contrapposta a quella, essenzialmente progressista, dei collettivi e delle associazioni di studenti e professori
– la convinzione che i docenti appartengano ad una classe privilegiata, in virtù del maggior numero di giorni di riposo e del minor numero di ore di lavoro rispetto ad altre categorie
– la percezione di un abuso dello strumento del dissenso da parte di studenti e professori
– la sottovalutazione delle esigenze e delle problematiche dello studente, spesso considerate come un capriccio giovanile o, peggio ancora, una scusa per saltare le lezioni
Qui riposano le motivazioni, politiche e sociali, che fanno impattare la protesta contro il biasimo collettivo, producendo come unico risultato, evidente e tangibile, l’irrobustimento della leadership di turno a danno delle rivendicazioni per l’istruzione e dell’istruzione.