Quando il PSI faceva il tifo per i carri armati del Patto di Varsavia. I “carristi”

psi--400x300Tra i “capi d’accusa” rivolti al PCI ed alla sua condotta politica nel corso della settantennale storia di Botteghe Oscure (1921-1991), l’appoggio ad alcune violazioni del diritto internazionale da parte del blocco sovietico, come la repressione dei moti ungheresi del 1956.

La critica, che omette di segnalare il notevole dibattito interno e la grande emorragia di consensi che interessarono il partito per questa scelta d’indirizzo, proviene, anche e non di rado, da ambienti del socialismo italiano, “depuratisi”, agli occhi dell’opinione pubblica nazionale, dei loro trascorsi massimalisti in ragione del craxismo e del sostegno ai governi atlantici nelle ultime tre decadi della I Repubblica.

Sarà a questo proposito utile ricordare come anche dal PSI giunsero, nel 1956, voci favorevoli all’invasione della capitale ungherese , da una forte corrente filo-sovietica che sarebbe stata ribattezzata dei “carristi” (in opposizione a quella degli “autonomisti”) e che avrebbe dato non pochi problemi a Nenni anche in seguito, come ad esempio ai tempi della crisi dei missili di Cuba (1962), considerata da Washington un test decisivo per sondare l’affidabilità atlantica del partito quando ormai la fase del “centrismo” aveva esaurito la sua spinta e si rendeva vitale la ricerca di partner per la DC*.

* La CMC segnò l’esordio sui palcoscenici più importanti della politica per Bettino Craxi, all’epoca 28enne. Il futuro leader del Garofano venne infatti consultato da un funzionario del Dipartimento di stato americano, George Lister, proprio per sondare gli umori dei socialisti in merito alla crisi con Mosca.

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