Missili e lupare: Mosca e la tradizione degli “avvertimenti”

“Ci si è spinti troppo avanti. I popoli baltici sono minacciati da gravi pericoli, dovrebbero sapere verso quali abissi essi sono spinti dai leader nazionalisti. Se gli scopi che costoro si prefiggono fossero raggiunti, le conseguenze potrebbero essere catastrofiche pe i loro popoli, verrebbe messa in discussione la loro stessa capacità di sopravvivenza”; questo un passaggio della dichiarazione del Comitato Centrale del PCUS sui fermenti autonomisti (non ancora compiutamente indipendentisti) in Estonia, Lettonia e Lituania.

Cosa intendeva, la leadership sovietica, parlando di possibili “conseguenze catastrofiche” e di possibile messa in discussione della “capacità di sopravvivenza” delle nazioni baltiche?

Nonostante queste dichiarazioni risalissero all’estate del 1989, ovvero piena era gorbacioviana, l’apocalittismo minatorio rimaneva una costante invariabile nel repertorio comunicativo e propagandistico di Mosca. Una scelta mantenuta dal Kremlino anche dopo il 1992, come sta dimostrando la disputa con Kiev.

Meno di due anni più tardi, le repubbliche baltiche avrebbero ottenuto la libertà e l’indipendenza.

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