
Se Berlusconi si dimostra grottescamente fermo agli anni ’90 (qui gioca forse un ruolo anche una certa debolezza senile), con l’uscita sul sudore, le braghe corte e le salsicce, Salvini conferma invece quella parabola declinante della sua comunicazione (sempre più orientata ad accorciare le distanze e guadagnare visibilità, ma in un modo che sfocia nel ridicolo) che è uno dei motivi della progressiva perdita di voti subita dal Carroccio negli ultimi anni. Tutto ciò potrebbe favorire il centro-sinistra, se saprà creare un fronte unitario, progressista e liberale, sul solco di quell’esperienza draghiana che ha ottenuto il favore della maggioranza degli elettori almeno secondo gli istituti demoscopici più autorevoli.
L’incognita, tornando alla comunicazione, è però rappresentata dalla vera big del campo avversario, ossia Giorgia Meloni. Se da un lato evocare la “paura nera” potrebbe servire a serrare i ranghi e ad ottenere il tanto agognato “voto utile”, dall’altro rischierebbe di fornire una sponda ideale a FdI; storicamente quel tipo di destra, come i populismi più in generale, gioca infatti molto bene in difesa, dove riesce ad accreditarsi quale unica e sola barriera ai “poteri forti” ed al “pensiero dominante” e per questo da essi odiata, ostacolata e ostracizzata.
Il centro-sinistra dovrà quindi cercare un punto di equilibrio, un “giusto mezzo” tattico-strategico per compattarsi senza servire assist decisivi ai rivali. La “gioiosa macchina da guerra” può insomma uscire dal garage, ma con il motore ben revisionato e l’elettronica aggiornata.