
Un anno dopo la sua elezione, Michail Gorbačëv avviò una politica estera meno rigida e più flessibile, più distensiva ed aperta al confronto. Un approccio che conteneva una certa dose di “cinico” pragmatismo, poiché mirava anche ad “isolare” gli Stati Uniti attraverso un rinnovato dialogo con i Paesi non-allineati ed emergenti e Pechino.
Se con i primi (i Paesi non-allineati ed emergenti) la strategia diede buoni risultati, con la Cina le cose andarono però diversamente.
Ancora tesi in ragione delle antiche dispute di confine e per le questioni afghana e nello scacchiere indocinese, i rapporti con la RPC avrebbero infatti conosciuto una svolta solo nel 1989 (incontro di maggio tra lui e Dèng Xiǎopíng) per poi tornare ad un certo livello di tensione a causa dei fatti di Piazza Tienanmen.