
Se la strategia del “dentro-ma-contro” poteva funzionare con il Berlusconi del governo Monti, non funziona e non funzionerà con il Conte del governo Draghi.
L’ex Cavaliere poteva infatti contare su un elettorato ideologizzato ma allo stesso tempo lasseferista*, mentre quello al M5S era (e per certi versi è ancora) un voto di protesta, di un elettorato esigente e vigile, liquido e in parte espressione del civismo e della società civile.
Dirsi ad esempio contro l’invio di armi a Kiev e poi fare l’opposto in parlamento per calcolo politico, espone quindi l’ “avvocato del popolo” ad una contraddizione che l’elettore e l’ex elettore/militante pentastellato medio non possono tollerare e perdonare.
Se il M5S non è stato in grado di cogliere un’occasione di rilancio nemmeno da un evento eccezionale e destabilizzante come la guerra ucraino-russa, è difficile riesca a recuperare il terreno perduto in futuro. E’ invece probabile che il cronicizzarsi della tendenza declinante sfoci in una scissone di ampia portata e decisiva.
*nonché su un’abilità comunicativa e su una forza mediatica che Conte non ha