
La virata filo-russa, anti-atlantica e anti-americana di una parte della destra italiana (ma non solo italiana), era in realtà prevedibile, e non stupisce se si prendono in esame le caratteristiche peculiari e la storia di quel movimento d’opinione.
Il settantennale e incondizionato appoggio a Washington e alla NATO non era infatti il risultato di una sincera e genuina adesione ai valori occidentali, ma rientrava nelle logiche della contrapposizione bipolare con l’URSS e il comunismo. Dopo il 1992 è sopravvissuto, per forza d’inerzia come per effetto di una nuova contrapposizione, ovvero quella con l’estremismo islamico e in seconda misura con una sinistra “radicale” ancora attiva, per poi spegnersi.
Venendo meno un nemico capitale, un pericolo concreto e immediato, sono allora riemerse le antiche incrostazioni anti-americane risultato della II Guerra Mondiale e della sconfitta del Fascismo, il rigetto ideologico della “way of life” d’oltreoceano e l’avvesione all’influenza degli USA e delle strutture sovranazionali euro-atlantiche nella politica nazionale.
Al netto di qualsiasi riflessione sulle criticità, i limiti e le storture delle politiche atlantiche, del modello occidentale e americano, la sopravvivenza (se non la predominanza) di una destra non autenticamente liberale, se non proprio cripto-fascista, è uno di maggiori problemi nel nostro Paese.