Il discorso di Michail Gorbačëv davanti al Soviet Supremo in occasione del 70esimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre (7 novembre 1987) deluse in parte i molti che, specialmente al di là della cortina, si aspettavano un altro 1956, l’emersione di linee dirompenti e straordinarie.
Forse proprio perché memore della sorte toccata a Chruščëv, Gorbačëv difese infatti le sue riforme ma restò ad esempio fermo nella critica a Trockij ed al trotskismo, esaltò il primato del partito mentre di Stalin denunciò, sì, i crimini*, ma ne elogiò i programmi economici, di riorganizzazione dello Stato e la sua condotta durante la II Guerra Mondiale.
In riferimento alla guerra, in particolare, difese il patto Molotov-Ribbentrop sostenendo che Francia e Gran Bretagna stavano “tramando” per spingere la Germania in guerra con l’URSS, “dimenticando” tuttavia la clausola che prevedeva la spartizione della Polonia e l’annessione delle repubbliche baltiche.
Come possiamo vedere, anche un leader riformista e democratico quale Gorbačëv non scampava al suggestioni della “sindrome di accerchiamento” (benché ne soffrisse molto meno di certi suoi predecessori e successori), né si faceva scrupolo di giustificarla con manomissioni storiche.
*Destò qualche polemica il fatto avesse parlato di “migliaia” e non di “milioni” di morti, al che il membro del Politburo e suo collaboratore Aleksandr Nikolaevič Jakovlev sbottò: “Perché la pensate così? Credete che se avesse detto milioni si sarebbe espresso in modo più sincero di quando invece ha parlato di migliaia? […] Conosco le voci che circolano in Occidente […] Ma io credo che molte di queste voci si trovino sulla coscienza di certa gente”