
Nonostante Đoković avesse ricevuto luce verde dalle commissioni mediche del torneo (a proposito di quel “principio di autorità” caro a tanti “rigoristi”) e dallo Stato di Victoria, mentre adesso dal tribunale di Melbourne, si è scatenata, implacabile e istantanea, una “shit-storm” contro di lui.
L’accusa? Aver messo in atto una truffa, presentando una certificazione falsa. Il motivo? Il tennista sarebbe un “no-vax”. Entrambe senza prove concrete, la seconda addirittura “smontabile” con un semplice e rapido fact checking, andando a cercare le dichiarazioni del campionissimo serbo nel passato recente. Đoković non si è infatti mai espresso contro il vaccino anti-Covid, in quanto tale, bensì contro la vaccinazione obbligatoria. Sarebbe d’altro canto comprensibile se un uomo nato in un Paese quale fu la Jugoslavia socialista e cresciuto nella Serbia di Milošević fosse “allergico” alle limitazioni della libertà personale. Ma ammetiamo (non si può escludere neanche questo) abbia mentito; potrebbe averlo fatto per paura di reazioni avverse (avendo già contratto il Covid avrebbe forse solo da perdere dalla vaccinazione) o perché ipocondriaco, belonefobico o soltanto ansioso. O magari è uno “smart-pro vax” e non ha idee ortodosse.
Volerlo condannare subito, e volerlo collocare subito tra i “no-vax” insieme a chi solleva a riguardo un dubbio o invoca una razionale prudenza, è purtroppo uno dei risultati di quella polarizzazione che le istituzioni e i media hanno favorito fin dal marzo 2020 (propaganda “agitativa” e “verticale”)*, peraltro dopo due mesi di sostanziale negazionismo, venendo meno alle più elementari regole della comunicazione “d’emergenza”.
Prima si era “irresponsabili” o “negazionisti” se si criticavano le disposizioni governative o si prendevano le distanze dalla schizofrenica narrazione dominante, ora si è “no-vax”. Una scellerata criminalizzazione del pensiero difforme, una guerra spietata al cittadino e tra cittadini, che è pericolosissima, nell’immediato come per le conseguenze che avrà sul medio-lungo periodo e dopo il termine della sindemia.
*fa leva, in questo come in altri casi, sull’istinto gregario e sulla particolare allergia emotiva provocata da una situazione eccezionale