
Quante volte abbiamo sentito dire “sta male”, a proposito di un nostro conoscente che aveva preso il Covid, e invece quello “star male” si riferiva ad una semplice febbre a 38? Molte, probabilmente. Anche per effetto della pessima comunicazione, ad ogni livello, di questi ultimi due anni, tendiamo infatti a “drammatizzare” il virus pure quando non sarebbe necessario, a “sopravvalutarlo”. Ciò che una volta era ritenuto normale e innocuo (appunto una febbre a 38) diviene allora ai nostri occhi, diventati filtro distorsivo, un “emergenza”, qualcosa di al di fuori dell’ordinario. Una minaccia.
Per questo, anche per questo, sarebbe giusto rivedere la comunicazione dei bollettini, che così com’è non fa e non farà altro che generare confusione e aumentare il livello di ansia e stress. Certa infodemia tossica e disinformante è tuttavia voluta e non casuale, il risultato di un scelta tattico-strategica precisa delle istituzioni e dei media per ragioni politiche e commerciali. Questo la protegge e rende difficile superarla o contrastarla.
“Non c’è dettaglio tropo banale quando si cerca di influenzare la gente, in senso favorevole o sfavorevole” (E. L. Bernays, 1928)