
Sicuramente “politically uncorrect” e in una certa misura iperbolico e provocatorio, il paragone tra le vittime della persecuzione nazista e chi, per un motivo o l’altro, contesta la narrazione mainstream sul Covid e le politiche governative d’emergenza, non è concettualmente e storicamente infondato.
Da quasi due anni, infatti, le istituzioni, i loro medium e i loro canali di appoggio veicolano una comunicazione straordinariamente aggressiva contro il disallineato, criminalizzando e demonizzando intere categorie sociali e intere tipologie di cittadini (meridionali fuori sede che rientravano a casa, runner e passeggiatori solitari, vacanzieri, famigliole fuori porta, giovani movidari, “no-vax”, “no-pass”, dissenzienti, ecc), mentre oggi si arriva alla ghettizzazione di fatto di alcuni di loro, pur incolpevoli e incensurati, e ad una significativa riduzione dei loro diritti legali e naturali (questo al di là di ogni valutazione di tipo sanitario sul GP, dispositivo comunque abbandonato in molti altri paesi democratici).
E’ bene ricordare, e ciò vale oltre la questione legata alle politiche emergenziali sul virus, che l’autoritarismo e la discriminazione possono presentarsi con forme sempre mutevoli, e cercare di classificarle in una modalità unica e univoca sarà una pretesa illusoria e anti-storica.