La RAI o Istituto Luce: il Covid e quella propaganda a senso unico

Ieri sera sono capitato su un quiz RAI e ho sentito il conduttore fare propaganda a favore delle restrizioni governative e del distanziamento (rispettato nel suo studio solo a telecamere accese). Questo nel giro di cinque minuti e in modo assolutamente acontestuale. Il conduttore in questione lo fa sempre, più e più volte, come del resto quasi tutti i suoi colleghi di Viale Mazzini. Si tratta, nello specifico, di una forma di propaganda occulta, “indiretta” (da definizione tecnica), ovvero inserita in contenuti e contenitori neutri o all’apparenza distanti dall’obiettivo del mittente e dal messaggio che intende veicolare. E’ tra le più subdole e pericolose, perché non prevede contradditorio e coglie il target con la “guardia” abbassata, quando i suoi sistemi di filtraggio sono disattivati. Volendo fare un passo indietro è una tecnica usata con ottimi risultati da Silvio Berlusconi, il quale ricorreva anche ai suoi programmi più “leggeri” e “disimpegnati” per far politica, per promuovere sé stesso e il centro-destra e delegittimare gli avversari.

Oggi, invece, sempre sulla RAI, si è parlato di fact checking, ma ovviamente a proposito della “disinformazione” anti-ufficialista, mai su quella ufficialista, che pure è tanta, non solo sul Covid.

E’ superfluo dire che un simile utilizzo di un’emittente televisiva di Stato è inaccettabile in e per un Paese occidentale avanzato.

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