
Al terzo livello della sua famosa piramide dei bisogni, lo psicologo statunitense Abraham Maslow inseriva quello di appartenenza. Appartenere a qualosa, per non sentirsi soli, isolati, esclusi, vulnerabili. Un bisogno primario, dunque, fondamentale, potentissimo, da soddisfare ad ogni costo, anche mentendo a noi stessi (si pensi all’esperimento di Asch* e alla teoria della “pressione normativa”**).
E’ partendo da qui, anche da qui, che troveremo la chiave per comprendere, e forse provare a combattere, la polarizzazione, odiosa e dannosissima, che sta caratterizzando l’epoca del Covid. Un fenomeno amplificato e rafforzato dai media, vecchi e nuovi, in quanto capaci di sviluppare nelle persone un’attitudine alla deresponsabilizzazione, all’omologazione, alla semplificazione.
I cittadini si dividono così in fazioni contrapposte, no-vax, sì-vax no-Pass, sì-Pass, “aperturisti”, “chiusuristi”, filo-governativi, anti-governatvi, ecc (sono tuttavia quelle legate alla linea “ufficialista” a contare sull’appoggio e la collbaorazione degli organi di informazione principali), in una sorta di “guerra tra bande” che non lascia spazio al dialogo ma lo lascia, troppo spesso, a certe pulsioni belluine e beliciste che già Le Bon aveva capito fossero incoraggiate e stimolate dal senso di sicurezza garantito dal far parte di un “branco”, di una “folla”.
*Sappiamo che il nostro giudizio è corretto o giusto ma lo modifichiamo per adeguarci al pensiero e al comportamento del gruppo così da non esserne esclusi. Si distingue dall’ “influenza informativa”, che è un vero e proprio “lavaggio del cervello”, una distorsione del nostro giudizio che ci porta ad essere convinti che l’opinione del gruppo sia davvero quella corretta.
**”L’Esperimento di Asch è stato ideato dallo psicologo sociale polacco Solomon Asch nel 1956. Secondo la ricerca dello studioso l’essere membro di un gruppo è una condizione sufficiente per modificare le proprie azioni e anche i giudizi e le percezioni visive di una persona. Nell’esperimento un soggetto è portato in una stanza insieme ad altre persone, attori che in precedenza avevano ricevuto istruzioni su come comportarsi. Asch mostra un’immagine con tre linee numerate e chiede ad ogni persona nella stanza di identificare la linea più lunga. Gli attori hanno risposto per primi, scegliendo di proposito la linea sbagliata, facendo un errore palese e ovvio. I risultati hanno mostrato che, in media, il 32% dei soggetti ha dato risposte chiaramente scorrette, dimostrando ancora una volta che le persone tendono a conformarsi al gruppo nonostante prove evidenti davanti ai loro occhi.” (fonte: Corriere della Sera)