Se i bulli, i giustizieri e gli indignati sono le facce della stessa medaglia

Alla base del cyberbullismo, ma più in generale del cattivo modo di porsi con gli altri e l’Altro sui social, c’è anche il nostro bisogno/desiderio di approvazione (si pensi che un “like” è sufficiente a rilasciare “scariche” di dopamina). Un elemento decisivo e fondamentale, che il giornalista e massmediologo britannico Jon Ronson spiega con grande chiarezza.

Bullizziamo anche per piacere a sconosciuti e amici ma, si faccia attenzione, attacchiamo il “bullo”, o comunque chi ha sbagliato o crediamo abbia sbagliato, usando spesso i suoi stessi metodi (shitstorm) e per i suoi stessi motivi. Come lui siamo in cerca di attenzione, di approvazione. E questo trasforma pure noi in bulli, in cattivi fruitori della rete. In persone omologate che non pensano abbastanza, prima di schiacciare il tasto “Invio”.

Una dinamica tossica e intossicante che si auto-alimenta all’infinito e difficile da contrastare e arginare, in un contesto con la potenza diffusiva e la “memoria storica” del web.

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