Una testata abbastanza nota nel mondo del “debunking” italiano ha pubblicato un reportage su alcune delle “fake news” circolate in questi mesi di emergenza sanitaria. Corredato da grafici e materiale documentale sulle “bufale” e il loro andamento, si limita tuttavia a quelle che potremo definire “classiche” sul Covid-19 (anti-governative, sul 5G, Bill Gates e la pur non trasparente Cina, ecc) tralasciando tutto quell’universo di notizie false o alterate di tenore allarmistico che dilatavano la percezione della nocività della malattia e quelle sui falsi assembramenti e le false violazioni delle norme del DPCM da parte degli italiani.
Si potrebbe avere l’idea, in bona sostanza, che gli autori vogliano difendere l’immagine e l’opera dell’esecutivo e sostenere il “mainstream” governativo-scientifico-mediatico sulla pericolosità catastrofica del virus e sulla cattiva condotta dei cittadini.
Un “modus operandi” rintracciabile in altri Attori del debunking nazionale e che forse trova spiegazione nella sua storia recente. Se è infatti vero che le “fake news” sono sempre esistite, essendo una forma di propaganda “nera” (totalmente falsa) e/o “grigia” (parzialmente falsa) è altrettanto vero che, almeno su internet, il loro rilancio e la loro diffusione sono stati opera soprattutto di soggetti vicini alle destre radicali, al conservatorismo e al populismo/neo-populismo di destra. Ciò ha determinato, a sinistra, una risposta che non è solo frutto di un amore per la verità e la corretta informazione, con il risultato che molti “cacciatori di bufale” non sono del tutto neutrali e liberi.
Oggi che al governo c’è anche il centro-sinistra (pur con gli ex “nemici” del M5S), molti “debunkers” potrebbero quindi essere condizionati, magari anche inconsciamente, dal loro posizionamento ideologico e politico.