Avere in antipatia Enzo Tortora non era un crimine contro lo Stato o la morale e non era “lesa maestà”. Si trattata di un semplice punto di vista, rispettabile come quello di chi, invece, nutriva simpatia per il conduttore genovese. Allo stesso modo era del tutto legittimo e razionale dubitare della sua innocenza prima della conclusone del processo, partendo dal presupposto che in un paese democratico, qual è l’Italia, la magistratura agisca nel rispetto del diritto e dell’individuo, con coscienza e professionalità. Per questo è ingiusto demonizzare con il senno di poi con chi, come la Cederna e altri, espresse dubbi su di lui (lo fece anche Andreotti e in modo meno pacato). Il rischio è scivolare in un altro tipo di i forcaiolismo, tanto miope e polarizzante quanto pericoloso, o peggio di strumentalizzarne la tragedia.