Negli istituti scolastici pubblici di alcune nazioni occidentali (e cristiane) non è prevista l’esposizione di simbologie religiose come non è d’uso l’allestimento del Presepe natalizio.
Tale scelta non è motivata dall’esigenza di non urtare la sensibilità di chi appartiene ad un credo diverso ma da quella di osservare e rispettare la separazione tra l’elemento laico e quello religioso (si tratta, infatti, di Paesi non confessionali).
Lo “scontro tra civiltà” tornato prepotentemente alla ribalta con i fatti di Parigi e le massicce ondate migratorie dall’Africa, nonché l’azione del fattore emotivo in chi è nato e si è formato prima della nascita del “global village”, rischiano di alterare e manomettere l’analisi razionale di una problematica in realtà di facile soluzione e comprensione: in quanto giuridicamente laica, l’Italia non dovrebbe né deve consentire l’esposizione di feticci e richiami religiosi all’interno delle sue strutture pubbliche.
Anche se può far male.